lunedì 28 dicembre 2015

Problema a tre corpi

Cari amici,
vi scrivo adesso che ci siamo da poco rivisti in Italia sotto Natale. Che bello che è stato vedervi!
In questa vacanza di due settimane che mi sono concessa al quinto mese dal trasferimento (di già?) ho rivisto tantissimi amici e famigliari, un vero bagno di abbracci affetto e sorrisi. Ripenso a quando sono andata a trovare i miei cari colleghi ST ad Agrate, alla cena del GAS Martesana, alla serata di biodanza, alla birretta per il compleanno di Eleonora. Sono stata dalle mie estetiste Laura e Nadia e dal mio parrucchiere Alan a Milano, ormai per me insostituibili da molti anni. Ho pranzato e cenato con voi e mi avete pure ospitato. In due settimane ho dormito in quattro letti diversi, ho tenuto su lo stesso paio di jeans, ho portato una valigia e uno zaino in giro tra Milano, Mezzocorona, Cogoleto e poi ancora Milano. Sono arrivata con dolcetti francesi biologici e ripartita con un bagaglio di vestiti di Francesca a cui ho passato la malattia dello swap party. È stato un po' faticoso far stare tante cose in pochi giorni, ho dormito poco, ma è stato molto bello.

Tante volte mi è sembrato di non essere mai andata via.

Ripensavo a tutto questo durante il viaggio di ritorno in Francia, e ad un certo punto mi sono trovata con un matassa confusa da districare, che ha a che fare con la nostalgia, le scelte fatte, i progetti futuri. Dato che però ultimamente sto vivendo molto nel "qui e ora", grazie al cielo, la matassa la metto un attimo da parte perché richiama quelle eterne domande umane:
Chi sono?
Da dove vengo?
Dove vado?
che se affrontate senza calma rischiano di dare tante paranoie! Invece noi "lo scopriremo solo vivendooooo....."

Perciò ho iniziato ad occuparmi di una piccola riflessione - che è solo lontana cugina di queste grandi domande queste grandi domande ma che nel breve termine potrebbe influenzarmi molto - che usando le parole del mio amico/ex collega Nicola, che ne ha maturato una lunga esperienza diretta, chiamo "problema a tre corpi".
La Fisica lo mette giù in una forma un po' complicata:
https://it.wikipedia.org/wiki/Problema_dei_tre_corpi
A me invece serve usare questa espressione per indicare la complessa situazione che Nicola descrive sinteticamente così:
"parti da un posto; vivi in un altro e poi vai in un terzo".
Succede quindi che se ad un certo punto della tua vita hai lasciato il paese natale per studiare o lavorare in un'altra città, che ci rimani fino al punto di metterci radici, che poi però capita che ti devi o che vuoi spostarti di nuovo, finisce che la destinazione delle vacanze è spesso predefinita: sono dei ritorni a casa. I primi tempi - ne sono certa - il problema non si pone neppure perché si desidera proprio tornare a casa, cioè alle due case delle due città importanti: quella della famiglia d'origine e quella dove stanno gli amici. Se si vogliono frequentare decentemente entrambi i posti, è giocoforza dedicare quasi tutto il tempo lasciato libero dal lavoro a questi viaggi. E dove va a finire, però, la possibilità di viaggiare in posti nuovi? D'accordo che si dice che in Francia danno tante ferie, ma non credo abbastanza per soddisfare questa grande necessità di muoversi.
A Milano ho vissuto per molti anni metaforicamente con la valigia pronta per tornare in Liguria dai miei nel weekend. I ritorni si sono diradati negli anni man mano che le mie radici milanesi si rinforzavano e il baricentro si spostava, ma era sempre possibile limitare al weekend la frequentazione della famiglia, e le vacanze erano altrove.
Ora no. Devo dedicare ferie, voli, treni, soldi, tempo ed energie per andare a trovare le persone care che mi hanno visto andare via, che hanno assistito al processo di rimescolamento delle carte in tavola. Vorrei però trovare un punto di equilibrio conveniente alle mie necessità: in cui sia possibile radicarmi nella nuova città, restare vicina alle persone a cui voglio bene e coltivare il piacere di viaggiare... se mi sono trasferita all'estero è anche perché mi piace moltissimo viaggiare, conoscere nuovi modi di vivere e vedere la vita, di mangiare, parlarsi, spostarsi, lavorare, pensare.
Questa volta parto un po' più preparata: voglio sentirmi veramente a casa nella nuova città, far sparire quella valigia immaginaria già pronta per la partenza successiva, e concedermi anche la libertà di pensare ad un viaggio in un posto nuovo, magari organizzato proprio con gli amici o la mia famiglia! Vi va di fare le vacanze insieme a me? siete pronti?

Qualcuno di voi mi ha chiesto durante queste vacanze in Italia "Quando ritorni?"
La risposta non la so ancora. Ora che sono appena tornata non ci penso troppo e cerco di trattenere su Tours quel baricentro mobile che mi ispira tante riflessioni, ma si sa che tornerò e credo intorno a fine marzo.

C'è quindi la possibilità di fare vacanze nello stesso posto, oppure di vederci in Italia quando torno, però ho capito che il modo che adesso mi piace di più per vedervi è avervi qui a Tours. Ospitarvi nella cameretta sul soppalco col soffitto basso, farvi conoscere i miei nuovi amici, farvi vedere i posti dove vado in questa bella città... che è quello che sto facendo con mia sorella in questi giorni! Grande Chiara che mi sei venuta a trovare!!!
E voi non esitate, aspetto le prossime prenotazioni :)

Un grande abbraccio, a presto

Serena

lunedì 7 dicembre 2015

Andata e ritorno

Per la prima volta da quando sono arrivata qui mi sento lontana da casa. "Me siento lejos" ho detto stasera al mio amico spagnolo Joaquín, mentre al Café des Langues mi consolava perché mia zia Iana a Cogoleto sta male, ma così male che chi le sta vicino non vuole più vederla così.

La zia Iana in realtà si chiama Marianna, e non è mia zia ma una cugina di secondo grado di mio padre... anzi nemmeno, o forse sì, ma tanto quello che importa è che quando eravamo piccoli ci accompagnava in piscina con la sua macchina, una scatoletta bianca con gli interni rossi di pelle/plastica e un cruscotto con delle lucine artigianali verdi, gialle e rosse che sono sicura non potevano essere di serie. Doveva aver montato quell'elettronica anni '80 lo zio Vincenzo, che la zia con il loro figlio Carlo ha accompagnato negli ultimi anni difficili di malattia, con amore e pazienza e senza perdere il sorriso.
Non ho una parola per descrivere la leggerezza con cui la zia ti accoglie, ti chiede come va, mentre accetta le difficoltà che arrivano e spesso si accumulano. La zia è una melomane, e da quando è un po' sorda e da un occhio vede solo ombre segue l'opera a 50 centimetri dalla televisione, con delle cuffie che la fanno sembrare una deejay in vestaglia. È sempre contenta quando la sua finta nipote di Milano va a trovarla, anche se le mie non sono visite frequenti perché i weekend a Cogoleto sono sempre corti e non sempre si trova il tempo di passare dalla zia. E in più vado sempre senza avvertire, accipicchia, è un'abitudine che ho preso sfidando implicitamente le convenzioni sociali e soprattutto per convenienza, perché non mi so organizzare, perché magari all'ultimo non c'è più tempo ed è arrivata domenica sera e manca poco al treno che mi riporta a Milano. Ma ogni volta trovo la zia a casa, un sorriso ad accogliermi, magari senza dentiera poverina perché non mi aspettava e nonostante questo la pazienza di avere a che fare con una nipote last minute. E poi la curiosità per la mia vita, i miei amori, i miei gatti, il mio lavoro.
Mi prepara il té col limone, in quelle tazze che solo le nonne hanno; con il sapore dei suoi biscotti di pasta frolla spessa fatti da lei, io rivivo i pomeriggi della mia infanzia nella cucina di mia nonna Venezia, quando noi eravamo bambini e la zia Iana una signora cinquantenne. Mentre noi bevevamo il té in altre tazze da nonna, spesso succhiandolo attraverso dei grissini all'olio enormi che secondo me non esistono più - ci piaceva così! - loro chiacchieravano per ore e ci chiamavano "pulin", pulcini.
La zia parla molto, le piace raccontare e mi parla di quando era ragazza, di sua mamma, di suo papà che è rimasto vedovo presto, delle storie col suo fidanzato Vincenzo, il suo amore. Non ha mica tanto pudore la zia, ma neppure è disinibita, racconta con semplicità le cose come sono andate e ci si sente sempre a proprio agio con lei. Può anche parlare male degli altri, come quando racconta della sua vicina ipocrita che ha trattato male suo marito per tutta la vita e poi si è messa a fare la vedova inconsolabile; e ti ci piazza a bruciapelo che magari un malanno la vicina cattiva se lo meriterebbe pure, e a me fa ridere ma si sente sincerità in quelle parole, e compassione per entrambi.
L'unica cosa difficile è andare via da casa sua, perché le chiacchiere potrebbero andare avanti a lungo e invece la cena è pronta a casa e poi... c'è da prendere il treno.

Stasera mi sentivo lontana da quel letto dove si trova, Tours è a tante ore di distanza da Cogoleto e soprattutto mi sento vincolata dal lavoro, ho delle riunioni e delle cose da sistemare prima di andare via per due settimane per Natale. A questi pensieri Joaquín ha obiettato "Se hai voglia, parti", e ha ragione lui, è semplice in fondo: sempre chiedere, prima di darsi le risposte da soli. E all'improvviso nella mia mente è diventato 'possibile' tornare a casa, anche solo per un paio di giorni, e poi tornare qui per la riunione importante di venerdì e poi domenica prendere l'aereo già prenotato per le vacanze di Natale. Grazie Joaquín, ora che so di poter partire mi sento più vicina a casa.
Sono giorni che penso che siamo lì lì, faccio varie riflessioni sul senso della vita e del nostro viaggio sulla Terra. Nascere porta con sé la certezza di morire, e tuttavia...
Penso alla lunga vita della zia Iana, ai nostri discorsi. Il mio pensiero non si concentra sul problema di vederla per l'ultima volta: io vorrei darle anni di vita e di salute se potessi. Vorrei darle la giovinezza, l'energia con cui faceva atletica da ragazzina ai tempi del fascio.
So che andando via mi sono allontanata fisicamente dalle persone care, anche se questo punto delicato non è stato mai affrontato nei discorsi in famiglia. Forse anche se fossi nella sua camera adesso, con Carlo e mio papà, non riuscirei ad esserle di grande aiuto. Vedrebbe la tristezza che mi invade, mentre con lei ho passato tante ore di serenità. Sono con lei, anche se sono qui. Ma chi lo sa, se fossi lì sarei lì punto e basta, semplicemente. Certe volte si pensa troppo e non si agisce.
Non so ancora se partirò, o se partirà lei stanotte per ritrovare Vincenzo e la nonna Venezia e sua mamma e suo papà. Io intanto ho preparato una camomilla per noi due, dato che questa non è l'ora adatta per il té, e ho messo su youtube delle arie d'opera che di sicuro conosce. Chissà se le piacciono.... ha dei gusti molto precisi la zia Iana, non le piace mica tutto.

domenica 15 novembre 2015

Pas peur


L'ho saputo da Terry a mezzanotte, con WhatsApp, perché prima di andare a dormire do sempre un'occhiata al telefono.
"Sere, sei a Tours?" ... Come, certo che sono a Tours: perché, cos'è successo??
Così sono tornata giù in sala a vedere e sentire in tv quello che avete visto e sentito tutti. Madonna. Notizie come questa tolgono le parole di bocca, si diffondono velocemente e con poco rumore. Il mattino dopo mi sveglio in una bolla di irrealtà. Sono scioccata, ma non ho paura. Vado al mercato come tutti i sabati mattina, voglio vedere la gente, le facce che hanno, quanta gente c'è per strada. Il mercato è affollato come sempre. Dall'Italia mi arrivano ogni tanto chiamate e messaggi per chiedermi come sto, com'è qui; e qui veramente sembra tutto ancora normale. A Tel Aviv, Baghdad, Damasco, Beirut... cosa avranno pensato i cittadini subito dopo il primo attentato?

Hollande dice che la Francia è in guerra. Questo è un Paese capace di un forte senso di unione e la retorica spesa in queste situazioni, con parole francesi, non mi suona esagerata. Eppure... non si dice tutto, non siamo solo delle vittime; ci sono tanti eppure, come il postcolonialismo, la prima possibile causa indiretta che trovo per questa manifestazione di violenza.

Jane, la proprietaria di casa mia, che ha fatto il '68 anche se "non è poi servito a tanto", si sfoga al telefono con me. È disgustata dalla politica (écoeurée, letteralmente "privata del cuore"), dice che un attentato ci vorrebbe, sì, ma contro i politici che fanno i loro interessi senza una visione in prospettiva, e che sarebbe anche disposta a pagare qualcuno per farlo. E sta parlando di quelli francesi, eh. Poi si rassegna: pensa anche al cambiamento climatico, connesso all'estremizzazione politica di tante regioni del mondo, e ormai ne è sicura: l'umanità sta andando verso l'estinzione. Poi, una speranza: la gente si deve muovere, deve scendere in strada, ritrovarsi nelle piazze di ogni quartiere tutti i giorni alla stessa ora, e far vedere così il proprio dissenso a chi sta sopra di noi e non si rende conto.

Le istituzioni, nonostante tutto, costituiscono ancora per molti un punto di riferimento importante: infatti è proprio all'entrata del municipio di Tours che la gente spontaneamente ha cominciato a posare candele, fiori e messaggi. C'è un foglio scritto con i pennarelli, lettere cicciotte come in un fumetto, ma quel dito medio diretto ai terroristi fa la voce grossa: PAS PEUR. C'è il simbolo della pace in nero, come a lutto, con dentro la tour Eiffel; questo simbolo mi ha emozionato, penso che certi messaggi condensati hanno un potere che risiede anche nella loro sinteticità.

Chiara, una ragazza di Firenze che sta qui da vent'anni, mi dice che in questi brutti momenti la consolazione può venire dagli amici.
E così fa Marjolaine, "maggiorana", una ragazza bretone conosciuta al Cafe des Langues, che organizza una cena a casa sua. Così ieri sera eravamo una decina, compresi due spagnoli appena arrivati a Tours. Le diciamo che ha avuto una splendida idea, e lei ci spiega che in una sera così fa bene ritrovarsi, per "celebrare l'amore".

martedì 10 novembre 2015

S. Martino

 

Buonaseraaaaa....

come diceva quella pubblicità bellissima della Punto!
https://www.youtube.com/watch?v=-Qg8IewQrv8
Domani è vacanza in Francia, l'anniversario dell'armistizio della Prima Guerra Mondiale. Per gli abitanti di Tours è anche la festa del Santo Patrono, S. Martino:
http://www.santodelgiorno.it/san-martino-di-tours/
In Francia i Santi Patroni non regalano giorni di vacanza, ma in questo caso per una coincidenza si', e questo mi riporta indietro al nostro S. Ambrogio! S. Martino è un santo che mi è sempre stato simpatico, in Italia tutti sanno la storia del cavaliere che ha tagliato il suo mantello per darne metà ad un povero. Ce l'hanno raccontata all'asilo, forse perché andavo dalle suore? Qua, devo dire, sono un po' meno informati, e quando la racconto mi posso sentir dire di nuovo "Ma come, sei appena arrivata e sai già tutto!" non sapendo che vivo di rendita.
Ho scoperto che l'11 sarebbe stato festivo qualche settimana fa, naturalmente ne frattempo me lo sono dimenticato e per fortuna stasera il mio capo mi ha salutato ricordandomi che domani non si viene al lavoro... GRAZIE ANDREA! Forse è capitato anche a lui 5 anni fa quando ha iniziato ad avere a che fare con le feste francesi.
L'estate di S. Martino qui si chiama allo stesso modo, été de S.Martin, ma anche été indien, e per la prima volta ho trovato sotto questa espressione la spiegazione meteorologica del fenomeno:
https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89t%C3%A9_indien
Io non ci ho capito molto, percio' continuo a pensare che sia merito del cavaliere generoso.

E quindi domani che fo? Ho un giorno regalato, me lo passo in pace con le mie gattine a leggere e forse a finire di sistemare i quattro scatoloni del trasloco che ancora girano per la sala.
Alle gattine devo dire sembra piacere la nuova casa, peccato solo che non abbia un giardino e nemmeno un balcone. Teresa a volte salta sui davanzali delle finestre, come si ricorda bene Cristina che quando è venuta qui ha avuto paura che si buttasse giù dal secondo piano! Una bella avventura Teresa l'ha avuta quando dal davanzale della cucina si è fatta un giro sul tetto della veranda sottostante: un tetto di plastica spiovente, tipo serra, di 2-3 metri, che forse quella sera era un po' umidiccio e fatto sta che arrivata in fondo, per fortuna contro il muro della casa attaccata a questa veranda, Teresa non riusciva più a risalire. Prendeva la rincorsa ma prima prima di aver raggiunto il davanzale lo slancio non le bastava più e scivolava giù al punto di partenza. Mi sono accorta del suo miaooouuuuu sconsolato dopo alcuni tentativi, infatti sentivo anche uno strano rumore di galoppo attutito tipo ruote di trolley sul selciato: e invece erano 6 kg di gattina che cercavano di risalire! Ma ce l'abbiamo fatta, le ho detto "Pronti, via!" e l'ho tirata su per la ciccetta che ha sul collo: salva!

La padrona di casa, Jane, una bella signora alternativa e sportiva di 68 anni, conosce le gattine dato che le ha ospitate a casa sua durante la prima settimana di affitto quando ero in Italia. Si è affezionata e ora posso contare su di lei anche per i cat sitting futuri. L'altra sera è venuta a casa mia e ha trovato Teresa un po' ingrassata... vedremo. Speravo che la scala ripida per andare al soppalco le avrebbe fatto fare un po' di sport, ma evidentemente non è abbastanza.
Questa scala di legno dipinto di nero, che rende ancora più particolare il mio appartamento "atipique", mi ha dato qualche problema finora. Oltre a non essere in grado di salire e scendere con le mani occupate, recentemente ho preso male uno scalino e mi sono stampata due lividi enormi sulle tibie: e vabbe', si impara a fare attenzione. Certo, come ho invidiato Jane quando l'ho vista portare sul soppalco l'aspirapolvere... ma io ho deciso che lo lascio su per sempre, tanto ne ho due.

La preoccupazione più grande relativa alla scala me l'ha data Sandra. All'inizio lei ne stava alla larga e io gongolavo, perché cosi' Teresa aveva uno spazio protetto tutto per lei: per chi non lo sapesse, infatti, Sandra fa gli agguati a Teresa per picchiarla, anche se è cieca. Sandra è cieca, non Teresa, cosi' la pietà che potrebbe far nascere dentro gli umani per la sua condizione sparisce subito.
Quindi Sandra stava sempre giù, Teresa andava su quando voleva, dormiva con me ed erano sonni tranquilli per entrambe perché Sandra non poteva scacciarla né svegliarmi con le sue zampine sulla mia faccia.
Poi pero' Sandra ha imparato a salire le scale: solo a salire, non a scendere. Fine della pacchia e inizio dell'ansia, perché oltre alla sveglia non richiesta al mattino presto, il mio terrore per la sua pipi' fuori posto si è concretizzato: come fa Sandra a stare sul soppalco tutto il giorno senza cibo acqua e lettiera? I primi giorni prima di uscire per andare al lavoro, se la trovavo su la "lanciavo" letteralmente giù dal soppalco, facendola atterrare sul divano - perché non è che si lasciasse convincere a farsi prendere. Poi pero' è diventata brava a salire, poteva non bastare un lancio al mattino perché risaliva subito: e allora, dopo attenta valutazione con Cristina che era da me in quei giorni, ho preso la drastica decisione di traslocare Sandra su, con cibo acqua e lettiera. Infatti, se Sandra fosse rimasta su senza niente, oltre a fare pipi' sulla moquette (cosa che comunque è successa) avrebbe magari provato a scendere e in quel periodo la tecnica che aveva adottato nei momenti di difficoltà - tipo una volta che senza volere l'ho spaventata - era stata di passare attraverso i gradini e di lanciarsi nel vuoto, atterrando dopo due metri di volo con il muso sulla libreria. Da evitare una seconda volta, si è già giocata troppe vite.
Non è stato un periodo facile, la micia confinata sul soppalco era contenta forse i primi giorni, trovava mille angolini dove ripararsi, ma poi si innervosiva. E mi svegliava prima. Teresa poi non si faceva più vedere nel mio letto, la mia gattina peluche... che peccato. Sandra non scendeva le scale, al massimo esplorava un gradino con la zampina ma poi non si fidava e tornava su. Ho anche pensato che sarebbe stato meglio cambiare casa, la situazione non era sostenibile a lungo.
Poi, dopo un paio di settimane, un'idea geniale: lanciare Sandra giù per un'ultima volta e usare un cartone del trasloco ripiegato come sbarramento nella scala, infilato tra un gradino e l'altro. Esteticamente un obbrobrio, ma ha funzionato: certo anche Teresa era esclusa dal soppalco, certo le volte in cui il cartone era messo un po' male le gattine riuscivano a scavalcarlo... e alla sera al mio rientro ritrovavo Sandra su, accipicchia. Un altro lancio. Lei poi, sempre più diffidente, mica si faceva prendere! Nel tempo, la tecnica dello sbarramento è stata migliorata, usando le alette degli scatoloni come freni, ad esempio; ma oltre a sbarrare, stavo anche offrendo a Sandra la possibilità di imparare a scendere le scale, infatti spostavo a mano a mano il cartone verso i gradini alti... e Sandra di conseguenza acquisiva autonomia, potendo allenarsi su più scalini.
Che grande emozione la sera che ho visto Sandra iniziare a scendere la scala piano, partendo da uno scalino a mezza altezza, facendo tutto come si deve, portando la prima zampina in avanti in esplorazione e poi la seconda e poi spostando il corpo e poi le zampe di dietro. Quando è arrivata giù le ho dato un sacco di bacini e lei RRRRRRRRRRRRR... la adoro!

Non è S. Martino il protettore dei gatti, ma forse delle micine si'...Cosi' resteremo nella casetta atipica ancora per un po'.

Buona serata e buon S. Martino! un abbraccio

Serena
 

lunedì 9 novembre 2015

Primo Quarter

Ciao a tutti!

Bello ritagliarmi un'ora stasera per scrivervi. Sono uscita "presto" oggi dal lavoro, dopo solo 8 ore e mezza mensa esclusa, ho iniziato a darmi un limite. Ultimamente in ufficio avevo preso il vizio di fare tardi, per riuscire a finire almeno qualcuna delle tante cose da fare che si presentano al mattino. Ma ogni mattina è la stessa cosa, con ogni volta nuovi problemi delle mie macchine; aggiungiamoci poi che non sono nata veloce - oddio, per nascere sì: mia mamma mi ha raccontato che è stata portata in sala parto col cappotto - e che sto ancora imparando il mestiere: insomma mi faceva piacere, e comodo, e in una certa misura mi ha tranquillizzato lavorare un paio di ore in più quasi tutti i giorni. Da un mese almeno.
Anche se posso permettermelo perché qui il tram passa fino a tardi, ora ho capito che è troppo: così ho preso appuntamento dall'estetista per stasera alle sette, così sono uscita per forza all'ora giusta. E poi arrivando a casa presto ho fatto il mio primo esperimento di compôte de pommes, con mele selvatiche raccolte in un prato la settimana scorsa e altre trovate sotto ad un melo cittadino. Per domani però devo trovare qualcos'altro da fare alle 19.

Adesso che i mesi passati dal trasferimento sono tre, aziendalmente parlando un quarter, verrebbe da fare un bilancio. Oggi alla riunione di gruppo ho iniziato a manifestare la mia sensazione di disagio per lavorare tappando le falle, in emergenza, invece di riuscire a concludere le cose quando serve: segno che un mese passato a lavorare più a lungo non ha cambiato molto le cose. Allora il mio capo ha cominciato ad elencare le priorità di cui occuparmi, relative alle parti su cui ormai sono autonoma: be’, non pensavo ma ce ne sono diverse, segno che forse questo mese di dedizione è servito! Se ripenso a come brancolavo nel buio dell'elettrolisi e dei software aziendali tre mesi fa, vedo che ora va molto meglio.
E se parliamo di ambientamento... mi viene un sorriso, perché mi è capitato di sentirmi dire "Ma come fai a conoscere già tutti??"... è che Tours è una città piccola!!! E capita che il medico che mi fatto la visita per l'assunzione sia un siciliano che si è trasferito un mese prima di me e ha trovato casa con la stessa signora dell'agenzia che ha aiutato me. Capita anche di suggerire ad una ragazza appena conosciuta di mandare il curriculum nel negozio di un amico che cerca una segretaria, uno del gruppo incontrato in enoteca la sera che ho festeggiato il contratto di affitto di casa. E speriamo che la prenda!
Capita che stai seduta fuori da un bar a bere una panaché con un’amica conosciuta a tango - perché anche qui ha fatto un tempo bellissimo e tiepido in questi giorni - e passano altri amici che si siedono al tavolo. Questi li ho incontrati al Cafe des Langues, che non è un locale ma il nome di una serata in una birreria che ospita aspiranti parlatori di altre lingue. È il lunedì sera e tra poco esco proprio per andare lì. Ho iniziato in un momento in cui avevo voglia di parlare in italiano e soprattutto incontrare italiani con cui condividere le piccole frustrazioni derivanti dalla scoperta della cultura francese. Ho conosciuto uno spagnolo, una russa, un canadese, un libico, una olandese, ma ancora nessun italiano. Uno è qui da tre anni, io da tre mesi, un altro da tre settimane. Temevo potesse essere un'iniziativa dai toni e scopi nostalgici, stile post Erasmus, invece ho incontrato persone carine, con cui ieri ho pure fatto un giro in bici lungo la Loira con pic nic! Eravamo in cinque, parlavamo un mescolone di francese, spagnolo e italiano, e tutti parlavano almeno due lingue: il primo Pic Nic des Langues, he he he... gli ho propinato una frittata di ortiche, la mia specialità da quando ho frequentato il seminario di "Yoga et plantes sauvages": ora è il caso di andare ad accertarmi che stiano tutti bene!

E anche voi spero: tengo d'occhio le notizie italiane con la radio, ma le vostre me le dovete raccontare voi personalmente.

Un abbraccio

Serena

giovedì 22 ottobre 2015

Storie di tutti i giorni


Giovedì sera, 22 ottobre

Ciao amici  italiani!

Tutto bene qui, mi sa che mi sto veramente ambientando perché al lavoro sono arrivati i primi momenti di nervosismo: sta finendo l'effetto vacanza e finalmente ridivento la solita, hihihi....
Com'è giusto che sia, si crea una routine quotidiana, un ritmo settimale. La quotidianità è molto  importante e molto potente: costruisce rapporti o li logora; "gutta cavat lapidem", una routine positiva genera un grande benessere: o può esasperare se non lo è.

Al mattino mi piace ascoltare la rassegna stampa internazionale su Radio3 come facevo a Milano, cosa che qui posso fare grazie al wifi sul tablet. Mentre faccio colazione con pane, burro demi salé (poco salato) e marmellata - solo così è possibile rinunciare ai biscotti del Mulino Bianco - inizio a passare su Radio Deejay alternando con Prima Pagina sempre su Radio3; ma non pensate che mi tenga informata perché al mattino dormo in piedi, e poi il wifi ogni tanto salta.
Comunque ad un certo punto devo uscire, e purtroppo la parte più divertente del programma del Trio Medusa inizia quando io devo essere già sul cammino verso il lavoro, cioè senza wifi. Sul cellulare le app per ascoltare le radio non funzionano più e non so perché, anzi se qualcuno mi dice come posso risolvere il problema mi fa un grande favore. Intanto l'ennesimo grazie ai colleghi di Agrate per avermi regalato il tablet, senza il quale zero radio italiana!
Allora, mentre sono sul tram, col telefono scarico i podcast del giorno prima del Trio Medusa, e me li ascolto finché arrivo in ufficio; anche a Tours, seduta tra i liceali francesi, mi capita di ridere forte come succedeva in navetta da Cascina Gobba, soprattutto col Best di Prevignano. Provare per credere! Oggi mi ha fatto sbellicare la selezione di recensioni di TripAdvisor.

Se vado al lavoro in bici sono concentrata sulla strada e sulla salita, niente radio. Alcuni di voi saranno fieri di me sapendo che faccio in bici la Tranchée, trincea, un viale in salita che taglia in due la prima parte di Tours Nord, dura tre fermate di tram e ha una bella pendenza, tanto che i colleghi francesi mi avevano consigliato di prendere una bici elettrica. Ma niente di impossibile perché finora sono arrivata sempre in cima in sella, anche se piano piano e in stato di pre-ipnosi. La bici elettrica quando abiterò a S. Francisco.

Arrivo al lavoro e dico ciao a chi c'è già, anzi salut o bonjour, cercando di fare un bel sorriso. Non prendo altre iniziative.
Tutti quelli che arrivano dopo di me invece salutano tutti uno per uno e stringono la mano a ciascuno dei presenti, facendo il giro delle scrivanie, interrompendoti se stai lavorando o parlando con qualcuno. Spero con tutto il cuore di abituarmi presto a questa usanza, perché per me è difficilissimo conviverci, tutti i giorni, proprio mi sento radicalmente contrariata dall'imposizione di questo contatto che non desidero e che non fa parte della mia natura o meglio cultura di origine. Essendo donna, inoltre, qualche collega per simpatia e buona educazione mi regala addirittura due bacini sulle guance. Ok, so che così sto dichiarando di essere una disadattata, e peggio, disadattabile. Ma tutti i giorni... io non ce la faccio. Questo aspetto contribuisce ad alzare il mio livello di nervosismo al lavoro, credo. Non è mica solo un problema di fastidio, ma di incontro tra culture: lavoro con molte persone simpatiche ma che non desidero baciare tutti i giorni, che non vorrei  nemmeno allontanare o mortificare. A qualcuno l'ho spiegato ma forse sono sembrata solo un'originalona e hanno ricominciato a fare come prima. Gli unici che hanno capito sono Andrea (certo, è italiano), Marc il capo di Andrea e quindi il mio n+2, e Mathieu il mio vicino di banco di destra.
Vedo un barlume di via d'uscita: qualcuno si diverte ad introdurre varianti nel saluto, ad esempio Marc, il mio collega degli stuzzicadenti, a quasi 60 anni dà a tutti un colpetto con il pugno chiuso contro il pugno chiuso altrui dicendo "puf" o "puet". Ve lo giuro.
Detto questo: può dare fastidio a qualcuno se io chiedo di non fare niente?

Verso le 12 spesso si va a pranzo insieme tra colleghi Metal, come facevo con i CVD. A tavola il linguaggio cambia e io smetto di capire, arrivano verbi e sostantivi mai sentiti prima. Argot, cioè gergo, e in più giochi di parole e metafore. Complicato, faticoso, io posso scegliere se far finta di capire o palesemente non capire, o come oggi interrompere discretamente i loro giochi per cercare di capire. E con un po' di sforzo ho capito. La domanda era: "Qual è il plurale di ...?", e la risposta " de ...", sapendo che "des" (si pronuncia "de") vuol dire "degli" e può precedere il plurale, ma qui si gioca scegliendo un parola che inizi per "de" e che crei un'associazione di idee comica.
Esempio: Qual è il plurale di treno? Des.... rails, che significa "delle rotaie" ma ha la stessa pronuncia di "deraglia" (déraille). Il genere è quello di una barzelletta raccontata da mio padre: Quali pesci sono gemelli? I... dentici!
Quella del treno faceva molto ridere i miei colleghi, è pure di un comico. Ottimo, il livello è quello delle battute da Cucciolone del Trio Medusa!!!

Una terribile abitudine che mi porto dall' Italia è di dormire poco: cercherò di sradicarla, lo prometto e lo riprometto, ma stasera è già troppo tardi per andare a letto presto... queste sono le ore più belle e rilassanti della giornata, con una gatta accoccolata sulle gambe, la tisana calda nella brocca. E i miei amici dietro questo tablet ♡

Buona notte

Serena

P.S.
Ho scoperto che Marc conserva i suoi numerosi stecchini nel taschino della camicia. Oggi ne ha tirato fuori uno per indicarmi dove cliccare sullo schermo del mio pc.

martedì 6 ottobre 2015

Speciale Lavoro






Lunedi' 5 ottobre, ore 20     


Ciao a tutti!

Oggi esco dal lavoro tardi, sono rimasta in reparto intrappolata da un problema con Workstream - i miei colleghi di Agrate ne sanno qualcosa - che qui è veramente rigidissimo. E dato che da una settimana internet a casa non funziona, che non ho ancora avuto modo di accedere al mio home banking francese e mi serve assolutamente provarlo, che dovevo fare l’ordine di prova alla specie di GAS a cui ho aderito, che ho da settimane il pensiero di scrivere una mail agli amici, ho pensato di usare il pc del lavoro: ed eccomi qui.

E' passato un mese dall'ultimo aggiornamento: mi è capitato di scrivere personalmente a qualcuno di voi e le mie riflessioni sono andate avanti. Mi sento bene, ci sono alcune difficoltà ma è normale, ci sono alcune cose belle e sono normali. In queste settimane ho iniziato un blog, mettendoci le mail che vi ho già spedito, pensando così di evitarvi lo spam nella posta e di farne anche un diario – una sorta di… "diario del cambiamento"? - per conservare la memoria di questi momenti di passaggio e scoperta. Voglio rileggere queste riflessioni tra un anno e vedere cosa sono diventate e cosa sono diventata io.




Alcuni di voi sono curiosi di sapere del mio nuovo lavoro e dei colleghi che ho trovato qui. Francesco in primis il mio ex compagno di banco :)
Partiamo dall’ufficio: anche qui si usa molto l'open space, che essendo in Francia è corredato di moquette. Ma qui ci sono anche grandi finestre che danno sulla mini zona verde che isola ST dalle strade circostanti, quindi si vede fuori ed è fantastico sapere che tempo fa. Certo spesso piove, ma poi smette, e poi ricomincia e smette di nuovo, non ci si annoia davvero. Per andare in reparto si passa da fuori, come per AG8, con un percorso che dove è coperto è la zona fumatori: per cui oggi, dopo essermi presa la boccata di fumo di un collega sincronizzata col mio passaggio, ho preso l'acqua. Non era niente, comunque, dopo aver sperimentato i monsoni in Thailandia forse sono pure pronta per vivere a Londra.


Divido il mio pezzo di open space con gli altri cinque eng della Metal, o meglio quattro perché uno è in prestito a tempo indeterminato ad un progetto situato nel misterioso "Bâtiment Z": un edificio lontano dal mio, che scusatemi ma io penso sempre a Guerre Stellari quando lo nomino. Questo collega è Christophe, seduto (quando c'è) di fronte a me.
Il suo nome mi ruba quello di Mathieu, alla mia destra, perché Mathieu per me ha una faccia da Christophe: dopo averlo salutato più e più volte con un « Bonjour Christophe » ora gli dico « Salut » e finisce lì. Lui è molto comprensivo e dato che ha 35 anni ed è il più giovane del gruppo forse ormai è abituato ad avere a che fare con gente che perde colpi, he he he…

Il più anziano di noi è infatti Marc, alla mia sinistra, un ex ingegnere di Applied Materials. Quasi sessant'anni, barba bianca e pancione da Babbo Natale, in bocca spesso parolacce e l'eterno stuzzicadenti che ai francesi piace tenere su un lato per ore e muovere con la lingua ogni tanto. Oggi alle 11 di mattina alla riunione di gruppo ne aveva uno in bocca e quattro in mano, sapendo che il suo ultimo pranzo in azienda era di venerdì scorso... da quanto tempo aveva quegli stuzzicadenti, e soprattutto: dove li conserva??
Ho deciso di non rispondere a questa domanda perché, anche se mi sento più tollerante verso questa abitudine che in Italia trovavo disgustosa, qui è così normale che sarei ulteriormente disadattata. Meglio non pensarci.
Gli altri colleghi sono Philippe, quelli da cui imparo il mio mestiere e che merita un capitolo speciale dedicato a lui, e David, un tipo tranquillo che si occupa di Maestria e che va sempre a pranzo ad orari regolari con Marc, ma a cui non ho mai visto uno stuzzicadenti in bocca. Stuzzicadenti a parte, sono tutti molto gentili e pazienti con me, e forse gli fa anche piacere avere una ragazza nel gruppo. Hanno anche accettato di non stringermi più la mano tutte le mattine, li adoro.

A proposito di abitudini locali, sono certa che le Alpi fanno la differenza anche quando si parla di lavarsi i denti dopo pranzo. Da quando sono qui non ho mai incontrato nessuna collega in bagno con la classica bustina, mentre noi ad Agrate ci spazzolavamo i denti in contemporanea come al campeggio. So che ad Andrea, il mio capo italiano, è capitata la stessa cosa, anzi i colleghi me l’hanno raccontato ridendo che lui è l’unica altra persona che si lava i denti in ST. Se fa ridere…
Forse però le cose cambieranno: oggi una collega mi ha detto, vedendomi lavarmi i denti, che « Ça fait du bien, bisognerà che mi porti anch’io lo spazzolino al lavoro ». Et voilà che la cross contamination è iniziata.

E infine, il mio lavoro: che consiste nell’occuparmi principalmente di due attrezzature, ma non solo di queste in realtà perché mi hanno già detto che seguirò anche altre cose. Si tratta di due macchine che fanno l’elettrolisi del rame, della stessa marca ma due modelli un po’ diversi. Una è appena arrivata e avrei dovuto occuparmi del suo start up, poi ci sono stati un po’ di problemi imprevisti e in tanti si sono occupati di lei. Ma soprattutto io pensavo: com’è possibile che possa farlo, che non so ancora fare niente? E infatti. Oggi inizio la mia nona settimana di lavoro, in fondo.
Be', ora me la cavo meglio con loro ma resta difficile per me chiamarle per nome. Infatti i loro nomi da fabbrica sono distiguibili in forma scritta: CHIM506 e CHIM671, ma lo sono molto meno nella pronuncia del loro nome in francese, che suona così nei due casi: "scim sensansis" e "scim sisansuasanteonse". All’inizio ero davvero in difficoltà; adesso riesco a dire i loro nomi abbastanza velocemente se ne visualizzo il numero, ma spesso per farmi capire dico ancora « quella di sinistra », o « quella vecchia » per indicare la 506. In tutto ciò Andrea devo dire che se la cava benissimo, nonostante la pronuncia modenese renda quelle esse ancora più mescolate. Quindi certamente ce la faro’ anch’io prima o poi.

E non sarebbe finita qui, ma per stasera si’. Un abbraccio a ciascuno di voi!


Serena


P.S.
La specie di GAS a cui ho aderito si chiama La ruche qui dit oui, cioè l’arnia che dice di sì, una rete di produttori e consumatori che prevede una piccola percentuale per chi gestisce il tutto, giusto secondo me. Questa rete che ha moltissimi nodi in Francia e in Belgio, ma anche alcuni in Spagna e… in Italia. Se volete curiosare:
https://laruchequiditoui.fr/
Mercoledì – come a Milano! – andrò a ritirare il mio primo ordine e poi vi dico.

mercoledì 9 settembre 2015

Se stasera sono qui



(1 settembre)


Cari corrispondenti italiani,

stasera vi scrivo da un indirizzo nuovo: rue Charpentier, la mia nuova casa! ma ancora CAP 37000, Tours centro.
Sono sul divano di questo bellissimo insolito antico bilocale soppalcato e mansardato che ho in preso in affitto da oggi, circondata dalle borse del mio mini trasloco dal residence, mentre aspetto che Nicola torni dalla sua gita ad Orléans.
Primo settembre, 31 giorni fa partivo da casa con Terry e le micie con ansia e adrenalina, stasera preparo lo zaino perché domani torno in Italia.

Sono cambiate alcune cose in queste settimane: il mio radicamento nella burocrazia francese continua lento ma inesorabile, tutti i giorni imparo parole nuove, scrivo quasi veloce con la tastiera francese diversa dal resto del mondo, a Tours ormai giro senza mappa in tasca. La mia collega Sandrine adesso mi saluta tutti i giorni facendomi la bise, cioè con due bacini sulle guance - uffa non sono riuscita ad evitare questa abitudine per me incomprensibile ma per fortuna finora Sandrine è l’unica che lo fa -, in mensa prendo pasta scotta e scondita come contorno al mio piatto di verdure, dico oui in espirazione (suono lungo simil materassino che si sgonfia) ma anche in inspirazione (breve come se trasalissi), come ho sentito fare qui e mai a Marsiglia… magari è una moda nuova stile il nostro "piuttosto che", non so però quali sfumature di significato diano all’affermazione questi suoni respiratori. Lo scoprirò.
Grazie a Francesca e Nicola, gli amici che sono venuti a trovarmi, ho vissuto agosto in questa città come se ci fossi venuta in vacanza. Con loro sono uscita alla sera lungo il fiume, ho cenato al ristorante, ho pure passato due weekend in Bretagna.
Ma ora dalla prossima settimana stop leggerezza, si inizia a fare sul serio perché si parla di trasloco, di scegliere le cose da portare con me e quelle da lasciare a Milano a Matteo, il ragazzo che abiterà nella mia casa per sei mesi. Quanto tengo a certi oggetti! sento una grande nostalgia ora che forse sto per decidere che il mio amato vecchio tavolo resterà a Milano, ma ha anche così poco senso portarlo qui con i tre tavoli già presenti. E questo è solo un esempio, il mio lavorìo cerebrale in materia di attaccamenti è notevole, he he he he...
Ora che si parla di nuovo di cambiamento e separazione da territori conosciuti sento un po’ di più la portata della decisione che ho preso quattro mesi fa.
Con le persone finora è stato diverso, forse perché sono abituata a legami elastici di lunghezza variabile nel tempo e non mi sono mai sentita sola, ma sono qui ad aspettarla la nostalgia canaglia. A Tours poi piove spesso, l’autunno è alle porte, arriverà di certo il momento in cui avrà la meglio: ma mi fa bene perché è tutta rielaborazione del lutto, psicologicamente parlando, e poi così ci penso due volte prima di fare i colpi di testa!
Ma se stasera sono qui, è perché forse ho immaginato che avrebbe potuto essere anche peggio affrontare ancora certi giorni e certe sere a Milano, io e il mondo sempre uguali. Di certo la mia è stata anche una fuga da certe cose, tutt’altro quindi che un atto di coraggio. Partendo ho voluto darci una bella scrollata, a me e al mondo, vederci con uno sfondo diverso.

Ora però si torna a casa, a Milano e a Cogoleto mi aspettano una pizza con le mie vicine di casa, un giro da Laura mia estetista storica e da Alan il mio storicissimo parrucchiere, il matrimonio di Federica, il mar Mediterraneo, un pranzo macrobiotico con Francesca e una cena da Francesca Stefano e Giacomo, forse pure il trasloco (come, forse??)… non entro nel dettaglio per scaramanzia!
Quindi vediamoci, ho in tutto 6 giorni ma fatevi avanti che voglio trovare il tempo di passare dalla pasticceria siciliana tamarra di via Padova (non la Lipari per capirci) e dalla cascina Martesana! Anzi, possiamo già iniziare a metterci d’accordo: cascina Martesana lunedì 7 settembre sera, chi c’è?

Allora a presto stavolta, davvero, e non vedo l'ora!

Serena

P.S.
Alcuni di voi hanno scoperto la regola del numero di telefono, bravi! Bravi anche a quelli che si sono accorti che il prefisso era sbagliato: ho scritto 0039 invece di quello francese, vai di lapsus!
Insomma alla fine il mio numero è 0033 783 762 741, cioè prefisso a parte: 783 7(-2)(-1) 7(-2)(-1), ed ecco qua la regola.

Sviluppi dopo l'atterraggio

(17 agosto)


Ciao a tutti ancora una volta,

per il notiziario su come me la cavo a Tours: siete ancora tanti a volerne sapere, una trentina, mi fate felice! Alcuni però si beccano la mail di default, tipo la mia famiglia, e il Pale che negli anni di ST ad Agrate è stato un po' la mia famiglia per il suo supporto al lavoro e fuori del lavoro. Poi Fra mio compagno di banco da 9 anni :) e alcuni altri.
Mi dovete proprio scrivere "per favore cancellami", tutti voi che vi ho aggiunto di mia sponte ma potreste essere già contenti del primo comunicato e poi basta così.

Rispetto alla prima e ultima mail è cambiato tutto, il mio livello di inserimento è aumentato moltissimo. Ho un vero abbonamento mensile ai mezzi e ho finalmente una SIM francese! Questi importanti risultati sono stati raggiunti nello stesso giorno, e quel pomeriggio ho dovuto tornare per forza alla Guinguette per festeggiare con una birretta.
A proposito, ecco il mio numero: 0039 (0)783 76 27 41, come lo scrivono i francesi. L'ho subito imparato a memoria, ero molto emozionata. Avrei addirittura dovuto scegliere io il numero tra altri cinque al momento dell'acquisto della SIM, non mi era mai capitato prima perché la mia unica SIM finora era quella presa da mio papà quando nel lontano anno 2000 mi regalò un Nokia 3310 (mitico!). Allora ricordo che scelse quel numero perché era facile da ricordare, dato che contiene la sequenza 32-64. Nella scelta del mio numero francese invece io mi sono subito impantanata perché la percepivo come una scelta mistica, quasi come un numero che dovessi ricevere per caso, o dal destino piuttosto. Il tizio del negozio mi guardava veramente perplesso, per fortuna aveva 20 anni e mi portava rispetto, e quando gli ho chiesto di scegliere lui per me ha gentilmente ri-scelto il numero che di primo acchito avevo indicato io. Che infatti è quello giusto.
Anche dentro questo c'è una regola che aiuta a ricordarlo. Quando l'ho detto alla tipa dell'agenzia immobiliare ha scrollato la testa e ha detto "Non ci provo neanche, roba da ingegneri".
E voi volete provare a scoprirla?

Quella sera - era sabato scorso - ho continuato a festeggiare andando a ballare tango per la prima volta. È anche un ottimo modo per conoscere gente, molto più che al lavoro in effetti. Al lavoro sono riuscita ad avere il cellulare di un francese - be’, non chiunque ma il capo del mio capo - solo quando sono rimasta a casa in malattia. Invece in milonga me li tiravano dietro, he he he...

Infine, la cosa che mi sta più a cuore: ho trovato casa! La ricerca mi ha messo alla prova, ma poi ho imparato la tecnica: essere flessibili sui pro e contro delle case, portarsi dietro plichi di documenti che certifichino che sarò per sempre in grado di pagare l'affitto, e scegliere seduta stante.
Avrei dovuto aspettare di visitare case con una specie di agenzia semistatale pagata con le tasse delle imprese che offre gratis ai dipendenti la prestazione: il CIL Val de Loire. A loro avevo già mandato dall'Italia la scheda con le caratteristiche dell'alloggio che volevo. Certo non era facilissimo: all'inizio avevo indicato che con un budget di 500 euro volevo un T3 (tre locali di cui 2 camere da letto) meublé (arredato) con giardino e posto macchina. La prima volta che ho parlato con quella del CIL (la signora che non ha provato ad indovinare la regola del numero di cellulare) mi ha detto "Non esiste". Ma come, non pretendevo neppure di avere il bidet in bagno!!
Qui apro una parentesi: in Francia il bidet non esiste più, hanno imparato a farne a meno in nome di "più spazio in bagno". Mi è quindi capitato di vedere salle de bain semivuote, con spazio sufficiente per un armadio, o tre bidet. Lo si può trovare ancora nelle case antiche non ristrutturate: dire che vorrei un bidet in bagno è come dire che vorrei il pozzo in cucina.
L'altra moda incomprensibile per me è avere il WC in uno stanzino (toilette) separato dal lavandino. In una casa che ho visitato addirittura la porta della toilette dava sulla sala da pranzo, mentre si entrava nel bagno passando per la camera da letto: bisognava quindi passare per tre porte prima di lavarsi le mani! insomma alla fine si corre anche il rischio di dimenticarsi.
Ho quindi ammorbidito i criteri di ricerca della casa alzando il budget, includendo i T2 e i non arredati, ma con il WC dentro il bagno. Quando però la signora mi ha dato come primo appuntamento per le visite il 12 agosto - dovendo io lasciare il residence il 31 - ho pensato che non stava facendo i miei interessi e ho iniziato per conto mio a cercare sul sito di riferimento universale per trovare qualsiasi cosa: leboncoin.fr (vuol dire qualcosa come "il posto giusto"). Delle prime cinque case che ho visitato in autonomia lo scorso weekend, due mi sono piaciute: entrambe da arredare, in centro, di stile antico ma ristrutturate - quindi senza bidet, col WC dentro il bagno, una col giardino privato e l'altra con una corte comune recintata per far pascolare le gattine. Ci ho messo 48 ore a decidere che andavano bene: troppo, entrambe già affittate. Notare che avevo risposto ad annunci pubblicati il giorno stesso. Mi è venuto un blues... :( ma ho reagito subito, mancava ormai poco al giro con l'agenzia di mercoledì 12, ho preso altri appuntamenti e - fatalità - l'11 sera su Leboncoin appare l'annuncio di una bellissima casa soppalcata e mansardata, con travi a vista e struttura a "colombage" tipica delle case del centro Europa, cioè con travi portanti visibili in mezzo ai muri, arredata benissimo e con WC dentro il bagno. Purtroppo no giardino, ma la scala per raggiungere il soppalco può far piacere lo stesso alle gattine (sperando che non cadano giù: ma sono gatti, dai, non dovrebbero andare sui tetti?) ...amore a prima vista! ho telefonato alla proprietaria per avere un appuntamento e la risposta mi ha veramente sorpreso: "Madame, credo che noi abbiamo già un appuntamento per domani: alle 16.30 devo mostrare la casa ad un'italiana accompagnata da un'agenzia". Glom.
Il giorno dopo con la signora Véronique del CIL, che ormai è un'amica, abbiamo visitato questa casa, l'ultima del giro. Non vi sto a dire che vedermi girare con lei ha reso i proprietari molto più accomodanti verso i miei documenti italiani non confrontabili con quelli francesi.
Eravamo con un'altra coppia di persone interessate. Io friggevo. Dal vivo la casa era più piccola di come l'avevo immaginata dalle foto, meno fascinosa perché era ancora occupata da inquilini che prima di andare in vacanza l'avevano lasciata conciata come se fossero passati dei ladri lerci. Véronique mi ammiccava, anche lei era molto colpita da questa casa a cui la proprietaria ha dato molto carattere e personalità; avendo dei concorrenti, mi ha detto di fare l'italiana simpatica durante la visita. Ah. Vi lascio immaginare!
Stavolta comunque non ho aspettato: sono passata sopra le piccole perplessità e finita la visita ci siamo messe sul marciapiede lì davanti per telefonare alla proprietaria e fermare subito l'appartamento. Pant pant.... e anche questa è fatta!

Ho scritto tantissimo, scusate, so che a questo punto qualcuno in più sceglierà l'unsubscribe.

Un'ultima cosa prima di salutarvi.
Ieri mi ha raggiunto la notizia dolorosa che è scomparsa una collega di Agrate, una mia coetanea: Sonia, una ragazza dai grandi sorrisi. Se non scriverne potrebbe sembrare non ricordarla, ne scrivo, l'ho pensata tanto.
E pensando a lei, ieri ho deciso all'ultimo minuto di andare a visitare Angers da sola come gita di Ferragosto. Pensando a lei e a tutte le persone care che ci hanno lasciato, abbiamo il dovere di vivere meglio che possiamo.

È tutto, vi abbraccio con affetto e gratitudine, buonanotte.

Serena

martedì 8 settembre 2015

Primo impatto

(8 agosto)


Ciao a tutti,

finalmente riesco a tirare un po' il fiato e a scrivere una mail per raccontare questi primi giorni a Tours - la mia nuova città! - a partire dal viaggio epico per arrivarci.
Il giorno della partenza, sabato 1 agosto, ci ho messo tanto a preparare i bagagli per me e le gattine e a sistemare la casa: sarebbero arrivati degli inquilini e dovevo quindi pulire bene dopo un bel po' di tempo che per vedere gli amici e sistemare le ultime cose ero spesso fuori di casa. Meno male che la mia amica Terry, ingaggiata per fare il viaggione insieme, era già da me da venerdì e mi ha dato una mano per fare tutto. Ce la siamo presa con una certa calma, eh, e la sera prima di partire non abbiamo fatto niente tranne tante chiacchiere rilassanti con Francesca; era l'ultima sera a casa e ci voleva proprio!
La nostra partenza era fissata per le 14-15 del sabato, i preparativi però hanno preso moltissimo tempo quindi in pratica eravamo in macchina verso le... 19.40! Peccato che ci aspettasse a Lione una sciura di Airbnb per ospitare noi e le micie, sciura che per quanto sia stata paziente verso l'una di notte ci ha detto di cercarci un hotel. Ah. Grazie.
Grande momento di sconforto, per noi che avevamo superato il Frejus con il "miao miao" continuo di Sandra che da Milano non aveva smesso un attimo di lamentarsi. Eravamo in autostrada dopo le Alpi in zona Chambery: ci siamo messe mogie mogie a dormire qualche ora davanti ad un autogrill illuminato sempre aperto, le gattine si sono calmate e verso le 5 abbiamo ripreso la marcia. Il "miao miao" è ricominciato subito, credo che a Sandra non piaccia il trasportino tanto quanto il rumore della macchina.

Dopo ore di guida che ci sono sembrate secoli attraverso campi di girasoli vulcani ponti foreste, per la precisione 18 ore in macchina per noi umane e 20 ore di trasportino per le feline;
dopo almeno una decina di pause in una decina di diverse aree di servizio francesi per dormicchiare;
dopo solo forse meno di un litro d'acqua bevuto in due - non sentivamo la sete perché eravamo troppo stanche?? - un pacchetto di Tuc e di mini plum cake a forma di madeleine allungata alle uvette (?), e 20 croccantini per le micie terrorizzate che neanche lo guardavano il cibo;
dopo aver ascoltato almeno tre volte le canzoni di biodanza di Simona e Clara (grazie!!) con la splendida autoradio moderna dei miei cari colleghi di Agrate (grazie!!);
e dopo in tutto 950 km e un solo errore di percorso in autostrada, ma almeno tre inversioni a U a Tours, le nostre eroine sono arrivate nel residence in cui mi trovo in questo istante.
Ho passato i primi giorni con Terry qui; con lei ho fatto i primi passi in città a scoprirne i luoghi essenziali e le bellezze, le prime birrette in piazza e alla Guinguette (non vi spiego cos'è ma vi ci porterò quando verrete qui), le prime prove generali di adattamento alla vita francese, i primi castelli della Loira. Sono stati giorni indimenticabili perché unici, di passaggio, e l'adattamento è appena iniziato. Non ho ancora un conto in banca in Francia, né una SIM francese, né un indirizzo di residenza; ma ho il talloncino per il parcheggio dei dipendenti ST, una tesserina ricaricabile per i mezzi pubblici, so dov'è il negozio biologico più vicino. Primi passi.

Al lavoro il ritmo è stato subito intensissimo, anche se non so ancora fare quasi niente, perché c'è un'attrezzatura in accettazione che non si comporta come dovrebbe; tanti sono in ferie e da oggi anche il mio nuovo capo. Appena arrivata, sono già indietro con la posta elettronica come mio solito.
Nel nuovo lavoro non timbro il cartellino, questo ha fatto sì che rimanessi in ufficio tutti i giorni almeno un'ora in più delle mie solite "8 + una di mensa", rallentando purtroppo il mio inserimento in Francia dato che le banche e i negozi di SIM fanno orari accorciati rispetto a me.
Il mio nuovo capo è un ex ST di Agrate anche lui, ormai qui da 5 anni. I suoi bambini sono nati a Tours, ha una macchina con targa francese, parla francese con accento modenese e italiano con sintassi francese. Per lui sarebbe addirittura più facile parlarmi in francese, ma dopo le prime ore di teoria dell'elettrolisi del rame in francese con esse emiliana e rumore di clean room assordante gli ho chiesto se per favore mi parlava in italiano. Ha avuto un po' di difficoltà ma c'è riuscito!
Anch'io mi sento a rischio perché è più semplice non concentrarsi su una lingua sola e parlare un po' misto, certe parole sono più facili in una lingua che nell'altra: "gare" è più facile di stazione, quindi ormai io "vado alla gare". Ma quando mi sentirete dire "vado a prendere una doccia" fermatemi.
I colleghi presenti, circa la metà, sono simpatici, tutti maschi nel gruppo ristretto di eng Métallisation (un altro che esercito Dani), ma c'è una ragazza che fa la Technicien cioè simil shift eng su turni. Qui qualsiasi scusa è buona per portare i pains au chocolat in ufficio al mattino, nonché il venerdì è giorno fisso. Quando sarà il mio turno ne dovrò portare 14, perché dubito che qui la focaccia unta di Cogoleto riesca ad arrivare in condizioni presentabili per colazioni alternative e salate.

Parentesi climatica, dato che a qualcuno interessa sempre: qui negli ultimi 6 giorni ha fatto bello, con un bel caldino anche di 30 gradi, ma di sera... brezza fresca tutte le sere, tanto che il piumino leggero del residence serve tutto! che bella sorpresa. E al mattino esco di casa con un brividino. Peccato che non ho portato maglioni, ma spero di tornare a Milano prima dell'arrivo dei primi segno dell'autunno. Chiusa parentesi.

Domani inizia il mio primo weekend qui. Cercherò ancora di aumentare il mio livello di inserimento e adattamento: facendo l'abbonamento ai mezzi, vedendo qualche casa papabile per il prossimo trasloco via da questo residence, cercando un marché settimanale vicino per una spesa di verdure, facendo un giro a prendere il sole sulle spiagge della Loira, che in questo periodo ha poca acqua e un sacco di banchi di sabbia emersi.
Passo questo weekend da sola ma con tante cose da fare, di cui riempio liste mentali; ancora mi sento come se fossi in vacanza o in trasferta per lavoro. Quando ripenso alle feste che abbiamo fatto per salutarci, dalla festa in cascina Martesana a quella "focacciosa" al lavoro, mi sembra un secolo fa e non dieci giorni, sono state così carine e calorose, grazie! alle feste è seguita subito la partenza e poi un sacco di vostri messaggi che mi hanno raggiunto fino a qui, col vostro pensiero per come andavano le cose. Ve ne sono veramente grata e scusatemi se vi ho fatto aspettare.
Anche se scrivo cose iper interessanti però non pretendo che tutti le vogliate leggere, perciò sappiate che la prossima mail arriverà solo a quelli che risponderanno a questa: così so a chi interessa continuare a ricevere ogni tanto un aggiornamento.

E per ora è tutto da questi schermi, quelli del tablettino bianco regalatomi ancora una volta dai colleghi (mitico! mi piace un sacco!). Invece il KitchenAid gigante arrivato da voi del GAS Martesana è rimasto a Milano e aspetta la ditta di trasloco :) non vedo l'ora di farci la maionese per la mia prima insalata russa francese!

Un saluto e un abbraccio, col cri cri notturno dei grilli di rue du Rempart, 37000 Tours.

Serena