sabato 27 febbraio 2016

Tango a Tours

Forse non tutti sanno che... anche a Tours si balla tango. Veramente poco in confronto a Milano, ma c'è - e ancora grazie che c'è - un'associazione che organizza i corsi e una volta al mese una milonga, cioè una serata di ballo in un locale. D'estate fanno anche le serate all'aperto nella famosa Guinguette, il bar sulla Loira che costituisce una delle motivazioni del mio stare a Tours ed è tappa fissa per le uscite da giugno a settembre. Non vedo l'ora di ballare sotto i salici piangenti, Autan a portata di mano e birretta venduta in bicchieri di plastica a rendere - su "consigne" - che se li riporti al bar ti restituiscono un euro. Insomma questa bella associazione tenuta in piedi da un gruppo di giovani all'insegna dell'autogestione si procura i deejay - o Tj, "tango deejay" - qua e là, contando sul passaparola e sulla buona volontà. E così ecco che ben due delle serate di ballo mensili tanto attese sono state rovinate da dei deejay più ispirati dal rock e dal lounge che dal tango, con nessun riguardo per i Grandi Maestri del passato e neppure per il pubblico di ballerini che aspettavano da un mese la serata. Io ero tra loro. Fumante di rabbia e frustrazione.
Questo tipo di serata qui viene chiamato "Milonga Alternativa". Data la proverbiale rigidità dei francesi, in una serata alternativa non si può ascoltare un tango normale. Però secondo me c'è un limite a tutto, e quando il deejay della prima serata ha messo un pezzo degli U2 mi sono alzata e sono andata nella sala accanto dove facevano salsa: per ballare e veder ballare qualcosa di coerente con la musica. Belli gli U2, eh, ma quelli me li ascolto a casa mia e sono certa che anche loro si sarebbero rivoltati nelle loro .... mmmhhh.... poltrone a Dublino, ad esempio, se avessero visto noi ballare la loro canzone con le sacade e gli incroci. Eh no.
E il deejay, imperterrito, passava ai Pink Floyd passando per i Rolling Stones incurante del fatto che fossero rimaste a malapena 2-3 coppie in pista a tentare di conciliare passi tradizionali con ritmi alternativi. Era ottobre, io frequentavo da poco l'ambiente del tango e non avevo creduto a chi mi aveva sconsigliato la serata. Segno che non era la prima volta che questo deejay sconsiderato faceva danni.

E la seconda volta? Era uno dei giorni tra Natale e Capodanno in cui si esce volentieri con gli amici anche se fa freddo, gran parte della città è in ferie e il ritmo di vita è morbido, chi è tornato dalle vacanze (io) riprende i contatti con chi è rimasto in città nel calore dei locali e dei sorrisi delle feste. In milonga tanta voglia di ballare, donne in velluto nero e tacchi, sorrisi abbracci e sbrilluccichi natalizi qua e là.
E tu, Tj dal pregevole incarico di musicare una serata con queste emozioni e queste premesse nell'aria, ti permetti di mettere robaccia? Non erano gli U2 ma erano pezzi che non c'entravano, o tanghi assurdi e difficili da ballare, pezzi inascoltabili e aggressivi che tuttavia senza dubbio testimoniavano il grande lavoro di ricerca e l'originalità del deejay. Ecco, quella volta non c'era una sala accanto dove ballare salsa, così mi sono di nuovo alzata ma per andare dal deejay a chiedere di mettere per favore qualcosa di più classico. E lui, molto cortese: "Mi spiace ma non si può, la scaletta è questa e ormai ci sono SOLO DIECI PEZZI PRIMA DELLA FINE". Dieci pezzi = oltre mezz'ora di musica: dov'è la buona ragione per mettere altri dieci pezzi brutti?
Nel mio sistema di riferimento questo impedimento era fittizio e ingiustificato, ma è certo che, se i francesi sono rigidi, io non sono certo flessibile. Così quella sera sono anche andata a protestare con gli organizzatori, e questi bravi ragazzi gentilmente mi hanno spiegato che non hanno i budget delle milonghe di Parigi e che "lasciano spazio a tutti per esprimersi". Ecco finalmente la liberté e l'égalité, accanto alla mia rigidité: perché io in effetti non lo farei. E aggiungono che se voglio c'è spazio anche per me, se mai vorrò cimentarmi come musicalizador: e be', perché no, in futuro... potrebbe essere divertente provare.
Passa una settimana e ad una pratica, cioè una serata informale di ballo, incontro il presidente dell'associazione, uno dei giovani gentilissimi che avevano accolto il mio sfogo pochi giorni prima. Hugue mi dice che sono messi male perché per il 19 febbraio hanno programmato una milonga ma non hanno il deejay: non è che io sarei disponibile?
Glom.
Paura. Oddio in che pasticcio mi sono messa.
Opportunità. Un'occasione irripetibile, a Milano impossibile.
Sfida. Non ho mai messo la musica neppure in una serata tra amici, ma ho un mese di tempo per prepararmi.
Dico qualcosa tipo "Madonna, ma siete sicuri??" ma lui non fa una piega. Eio accetto.

Un mese di preparazione, di letture in internet, di consigli in chat con i miei amici Tj di Milano Ale Mazza e Ausländer, che ringrazio infinitamente. Le serate passate ascoltando i pezzi su youtube sono diventate sempre più frequenti con l'avvicinarsi della data fatidica, e ad un certo punto ho iniziato a creare le mie tande, gruppi di 3-4 brani dello stesso tipo di musica. TTVTTM, sembra un acronimo per esprimere discretamente i propri sentimenti sul diario di scuola, ed invece indica la classica struttura alternata ed equilibrata di tande di tanghi, vals e milonghe che ho usato per montare la mia playlist di 6 ore di musica.
È stato bello immaginare le sensazioni provocate nei ballerini da una certa sequenza di pezzi, e cercare di metterli in successione con armonia. Non è stato sempre facile trovare brani abbastanza omogenei, ma anche sufficientemente vari, per comporre le tande. 

La parte più divertente è stata la scelta delle cortine, cioè gli stacchi musicali tra una tanda e la successiva. Lì il deejay ha carta bianca, ed è stato un bel gioco scegliere brani per introdurre l'atmosfera della tanda che seguiva, o canzoni divertenti per spezzare la tensione drammatica che ogni tanto si crea in milonga. Ho usato canzoni che mi piacciono, soprattutto italiane e cantate da donne; pezzi che mi ispirano, che sono stati significativi per me e che mi hanno emozionato ascoltandoli a biodanza. La mia piccola firma alla serata. Grazie alla Provvidenza, neppure dal punto di vista tecnico ho avuto particolari problemi perché giusto due settimane prima della serata al lavoro mi hanno dato un pc portatile da portarmi in trasferta ad Agrate. È stato fondamentale per impratichirmi con Windows Media Player, l'ho tenuto anche per tutta la settimana successiva alla missione fingendo di dimenticarmelo a casa, per poterlo usare in milonga.

Finché... arriva il 19 febbraio. Ore 19, La Fabrica, rue Giraudeau.
Che paura quella sera. Come sempre avviene qui, l'ambiente è abbastanza informale, le persone sono accoglienti e ti sorridono. Ma io, per mettermi in leggera supplementare difficoltà, quella sera arrivo al locale un po' tardi, in bici trafelata, al lavoro non sono riuscita ad uscire all'ora che volevo e poi a casa mi sono voluta docciare a tutti i costi, l'agitazione mi aveva fatto sudare.
Ho a disposizione solo 15 minuti invece di 30 per fare le prove tecniche di suono. Devo dire che sono bastati, anche se ero un po' in ansia di fronte a quel coso pieno di lucine il tizio del locale non mi ha lasciato dubbi: "Del mixer non toccare nient'altro che la leva del volume, se no incasini tutto: chiaro??"

La serata si svolge bene, non c'è moltissima gente ma neppure il locale è enorme, e la pista è bella piena già con una quindicina di coppie. Lo so perché durante la serata mi sono scritta tutto! Ci sono tanti momenti vuoti per una Tj alle prime armi arrivata con la playlist già pronta (cosa che i veri deejay non fanno mai), che quindi durante la serata deve intervenire solo ogni 10-15 minuti per gestire il passaggio tra la fine della cortina e l'apertura della tanda seguente; così mentre stavo molto professionalmente in attesa di compiere il mio dovere mi sono annotata tanti dettagli: le reazioni dei ballerini, le sensazioni che dava la musica, pezzi da togliere o da riproporre le prossime volte, se ce ne saranno.
La prima cortina è "Parole di burro", dolce dolce. Qualcuno accenna un lento ma poi si separano, allora sfumo Carmen Consoli e riparte il bandonéon. La seconda cortina è "Parole, parole": la voce di Mina fa voltare verso di me Chiara, la mia amica tanguera fiorentina che vive qui da 20 anni, che nel frattempo è arrivata in milonga a sostenermi nell'impresa, e naturalmente per ballare. Sorride e alza il pollice in segno di approvazione, io gioisco. E poi Ornella Vanoni, Patty Pravo, Malika Ayane, ma anche Barry White, Eddie Vedder, Tenco. Alcune cortine fanno spuntare sorrisi anche sui volti dei ballerini in pista, volti che si guardano dopo aver danzato insieme delle emozioni, abbracciati. Alcune cortine li fanno ballare ancora, allora non sfumo la canzone e gli permetto di godersi fino in fondo quel piccolo piacere extra.

Guardo la pista seduta sul mio sgabello alto, mi godo la serata e la musica anche se ballo poco, ma stavolta è diverso. Quando ballo mi sento strana, non mi abbandono completamente ma ascolto la musica molto di più. Stavolta in un certo senso sono io che faccio ballare il ballerino che mi fa ballare, dato che ho scelto io la musica! E quando non ballo sono contenta lo stesso, penso che il piacere degli altri è il mio piacere, ed è una gioia sentire di avere in mano gli strumenti per fare una cosa bella da offrire a persone venute nello stesso posto e nello stesso momento per celebrare la passione che condividono. Saranno state 50 persone al massimo gli ingressi di quella sera, molte coppie arrivavano da fuori, e tra Poitiers e Le Mans molti hanno fatto diverse decine di chilometri per venire alla milonga del 19 febbraio a La Fabrica.

Qualcuno passa dalla mia postazione e arrivano i primi complimenti per la musica, non solo da chi sa che è la mia prima volta. Approvano le scelte di tango classiche, ma in particolare: che carine le cortine! E io gongolavo, ragazzi. Una ragazza dell'associazione, pour parler, si mette addirittura a fantasticare di un luminoso futuro da professionista della consolle: chissà, un giorno Serena "La Pro" sarà ricercatissima nelle milonghe di Parigi... ridiamo insieme al pensiero, ma in effetti suona bene: et voilà, per il nome d'arte è fatta.

Ma lo volete sapere qual è stata la soddisfazione più grande di tutte, la ciliegina sulla torta? Mi sono sentita veramente molto fiera di me stessa quando ho visto ballare il nostro deejay appassionato degli U2 sulle note di "Guarda che luna", "Bem leve" e "I'm your man". Alla fine mi ha ringraziato.
E io sono tornata a casa F E L I C E.

martedì 9 febbraio 2016

Pensieri leggeri, pensieri pesi

Questa settimana sono a Milano per un viaggio di lavoro, per fare un corso ad Agrate. A ormai sei mesi dalla mia partenza.
Come quando sono tornata a dicembre a trovare amici e colleghi, è bellissimo ritrovare queste persone care. Lavorare all'ST di Agrate mi piace molto, quando si tratta di starci quattro giorni. Forse la mia giusta dimensione è quella di un lavoro in cui si viaggia, si sta in città diverse e con colleghi diversi. Una vita più leggera, con radici superficiali, facile da mettere in valigia e portarsi dietro, che ti fa sentire a casa ovunque e ovunque sei capace di ricreare un pezzetto di casa.
A parte il cibo, qui è tutto più grigio, ma mi sento capita, e quando racconto delle stravaganze francesi a persone della mia cultura e nella mia lingua - di stecchini, bidet assenti e strette di mano quotidiane per intenderci - lascio tutti a bocca aperta e non sono più la disadattata che mi sento in Francia.
Durante il mio Erasmus, sedici anni fa, innervosita dal rituale dei doppi bacini per me senza senso con cui dovevo salutare tutti i miei compagni di corso tutti i giorni, feci questo pensiero: io non potrei vivere in Francia. E non me lo ero dimenticato questo pensiero quando dieci mesi fa facevo le manovre per trovare un posto in ST in Francia, però non ci ho dato troppo peso. Ora però mi pesa; vedremo tra altri sei mesi cosa penserò.
Pesantezze e leggerezze che mi accompagnano in questi giorni italiani. E intanto adesso, mentre preparo il mio letto nel divano pieghevole della mia casa di Milano, col trolley di fianco, mentre Matteo dorme nella mia stanza, mentre guardo i colori che ancora amo con cui ho rinnovato la mia casa... penso che qui sto bene. In questa casa e in questa città sono stata anche male, ma adesso che siamo state lontane per un po' stiamo forse facendo pace? E poi, La Domanda:
Che cosa succederebbe se tornassi in Italia?
Stasera è davvero la prima volta che arriva questo pensiero qua. A Tours mi è capitato di essere sfiorata dall'atroce dubbio "Che cavolo ho fatto....", abilmente messo da parte senza ulteriori riflessioni. Era un pensiero di insicurezza, buono solo per fare un passo indietro, se mai un pensiero simile fosse abbastanza per riuscire ad uscire dalla paralisi della paura di sbagliare. Stavolta invece è un pensiero affettuoso, che guarda avanti alle possibilità che ci sono. Che sa di "Perché no?", la stessa formula magica che mi ha portato in Francia.
Sono contenta perché ora non c'è angoscia né incertezza, il futuro è un regalo da scartare e non una mina col timer inserito. L'esperienza di questi primi sei mesi e il lavoro mentale ed emotivo che l'ha resa possibile sono stati una palestra utile per affrontare i prossimi passi che ci saranno.
E se ora non vado a letto subito subito, tutti 'sti bei pensieri non serviranno a tenermi sveglia domani davanti alla voltammetria ciclica e compagnia cantante.
Bonne nuit!