Giovedì sera, 22 ottobre
Ciao amici italiani!
Tutto bene qui, mi sa che mi sto veramente ambientando perché al lavoro sono arrivati i primi momenti di nervosismo: sta finendo l'effetto vacanza e finalmente ridivento la solita, hihihi....
Com'è giusto che sia, si crea una routine quotidiana, un ritmo settimale. La quotidianità è molto importante e molto potente: costruisce rapporti o li logora; "gutta cavat lapidem", una routine positiva genera un grande benessere: o può esasperare se non lo è.
Al mattino mi piace ascoltare la rassegna stampa internazionale su Radio3 come facevo a Milano, cosa che qui posso fare grazie al wifi sul tablet. Mentre faccio colazione con pane, burro demi salé (poco salato) e marmellata - solo così è possibile rinunciare ai biscotti del Mulino Bianco - inizio a passare su Radio Deejay alternando con Prima Pagina sempre su Radio3; ma non pensate che mi tenga informata perché al mattino dormo in piedi, e poi il wifi ogni tanto salta.
Comunque ad un certo punto devo uscire, e purtroppo la parte più divertente del programma del Trio Medusa inizia quando io devo essere già sul cammino verso il lavoro, cioè senza wifi. Sul cellulare le app per ascoltare le radio non funzionano più e non so perché, anzi se qualcuno mi dice come posso risolvere il problema mi fa un grande favore. Intanto l'ennesimo grazie ai colleghi di Agrate per avermi regalato il tablet, senza il quale zero radio italiana!
Allora, mentre sono sul tram, col telefono scarico i podcast del giorno prima del Trio Medusa, e me li ascolto finché arrivo in ufficio; anche a Tours, seduta tra i liceali francesi, mi capita di ridere forte come succedeva in navetta da Cascina Gobba, soprattutto col Best di Prevignano. Provare per credere! Oggi mi ha fatto sbellicare la selezione di recensioni di TripAdvisor.
Se vado al lavoro in bici sono concentrata sulla strada e sulla salita, niente radio. Alcuni di voi saranno fieri di me sapendo che faccio in bici la Tranchée, trincea, un viale in salita che taglia in due la prima parte di Tours Nord, dura tre fermate di tram e ha una bella pendenza, tanto che i colleghi francesi mi avevano consigliato di prendere una bici elettrica. Ma niente di impossibile perché finora sono arrivata sempre in cima in sella, anche se piano piano e in stato di pre-ipnosi. La bici elettrica quando abiterò a S. Francisco.
Arrivo al lavoro e dico ciao a chi c'è già, anzi salut o bonjour, cercando di fare un bel sorriso. Non prendo altre iniziative.
Tutti quelli che arrivano dopo di me invece salutano tutti uno per uno e stringono la mano a ciascuno dei presenti, facendo il giro delle scrivanie, interrompendoti se stai lavorando o parlando con qualcuno. Spero con tutto il cuore di abituarmi presto a questa usanza, perché per me è difficilissimo conviverci, tutti i giorni, proprio mi sento radicalmente contrariata dall'imposizione di questo contatto che non desidero e che non fa parte della mia natura o meglio cultura di origine. Essendo donna, inoltre, qualche collega per simpatia e buona educazione mi regala addirittura due bacini sulle guance. Ok, so che così sto dichiarando di essere una disadattata, e peggio, disadattabile. Ma tutti i giorni... io non ce la faccio. Questo aspetto contribuisce ad alzare il mio livello di nervosismo al lavoro, credo. Non è mica solo un problema di fastidio, ma di incontro tra culture: lavoro con molte persone simpatiche ma che non desidero baciare tutti i giorni, che non vorrei nemmeno allontanare o mortificare. A qualcuno l'ho spiegato ma forse sono sembrata solo un'originalona e hanno ricominciato a fare come prima. Gli unici che hanno capito sono Andrea (certo, è italiano), Marc il capo di Andrea e quindi il mio n+2, e Mathieu il mio vicino di banco di destra.
Vedo un barlume di via d'uscita: qualcuno si diverte ad introdurre varianti nel saluto, ad esempio Marc, il mio collega degli stuzzicadenti, a quasi 60 anni dà a tutti un colpetto con il pugno chiuso contro il pugno chiuso altrui dicendo "puf" o "puet". Ve lo giuro.
Detto questo: può dare fastidio a qualcuno se io chiedo di non fare niente?
Verso le 12 spesso si va a pranzo insieme tra colleghi Metal, come facevo con i CVD. A tavola il linguaggio cambia e io smetto di capire, arrivano verbi e sostantivi mai sentiti prima. Argot, cioè gergo, e in più giochi di parole e metafore. Complicato, faticoso, io posso scegliere se far finta di capire o palesemente non capire, o come oggi interrompere discretamente i loro giochi per cercare di capire. E con un po' di sforzo ho capito. La domanda era: "Qual è il plurale di ...?", e la risposta " de ...", sapendo che "des" (si pronuncia "de") vuol dire "degli" e può precedere il plurale, ma qui si gioca scegliendo un parola che inizi per "de" e che crei un'associazione di idee comica.
Esempio: Qual è il plurale di treno? Des.... rails, che significa "delle rotaie" ma ha la stessa pronuncia di "deraglia" (déraille). Il genere è quello di una barzelletta raccontata da mio padre: Quali pesci sono gemelli? I... dentici!
Quella del treno faceva molto ridere i miei colleghi, è pure di un comico. Ottimo, il livello è quello delle battute da Cucciolone del Trio Medusa!!!
Una terribile abitudine che mi porto dall' Italia è di dormire poco: cercherò di sradicarla, lo prometto e lo riprometto, ma stasera è già troppo tardi per andare a letto presto... queste sono le ore più belle e rilassanti della giornata, con una gatta accoccolata sulle gambe, la tisana calda nella brocca. E i miei amici dietro questo tablet ♡
Buona notte
Serena
P.S.
Ho scoperto che Marc conserva i suoi numerosi stecchini nel taschino della camicia. Oggi ne ha tirato fuori uno per indicarmi dove cliccare sullo schermo del mio pc.