domenica 15 novembre 2015

Pas peur


L'ho saputo da Terry a mezzanotte, con WhatsApp, perché prima di andare a dormire do sempre un'occhiata al telefono.
"Sere, sei a Tours?" ... Come, certo che sono a Tours: perché, cos'è successo??
Così sono tornata giù in sala a vedere e sentire in tv quello che avete visto e sentito tutti. Madonna. Notizie come questa tolgono le parole di bocca, si diffondono velocemente e con poco rumore. Il mattino dopo mi sveglio in una bolla di irrealtà. Sono scioccata, ma non ho paura. Vado al mercato come tutti i sabati mattina, voglio vedere la gente, le facce che hanno, quanta gente c'è per strada. Il mercato è affollato come sempre. Dall'Italia mi arrivano ogni tanto chiamate e messaggi per chiedermi come sto, com'è qui; e qui veramente sembra tutto ancora normale. A Tel Aviv, Baghdad, Damasco, Beirut... cosa avranno pensato i cittadini subito dopo il primo attentato?

Hollande dice che la Francia è in guerra. Questo è un Paese capace di un forte senso di unione e la retorica spesa in queste situazioni, con parole francesi, non mi suona esagerata. Eppure... non si dice tutto, non siamo solo delle vittime; ci sono tanti eppure, come il postcolonialismo, la prima possibile causa indiretta che trovo per questa manifestazione di violenza.

Jane, la proprietaria di casa mia, che ha fatto il '68 anche se "non è poi servito a tanto", si sfoga al telefono con me. È disgustata dalla politica (écoeurée, letteralmente "privata del cuore"), dice che un attentato ci vorrebbe, sì, ma contro i politici che fanno i loro interessi senza una visione in prospettiva, e che sarebbe anche disposta a pagare qualcuno per farlo. E sta parlando di quelli francesi, eh. Poi si rassegna: pensa anche al cambiamento climatico, connesso all'estremizzazione politica di tante regioni del mondo, e ormai ne è sicura: l'umanità sta andando verso l'estinzione. Poi, una speranza: la gente si deve muovere, deve scendere in strada, ritrovarsi nelle piazze di ogni quartiere tutti i giorni alla stessa ora, e far vedere così il proprio dissenso a chi sta sopra di noi e non si rende conto.

Le istituzioni, nonostante tutto, costituiscono ancora per molti un punto di riferimento importante: infatti è proprio all'entrata del municipio di Tours che la gente spontaneamente ha cominciato a posare candele, fiori e messaggi. C'è un foglio scritto con i pennarelli, lettere cicciotte come in un fumetto, ma quel dito medio diretto ai terroristi fa la voce grossa: PAS PEUR. C'è il simbolo della pace in nero, come a lutto, con dentro la tour Eiffel; questo simbolo mi ha emozionato, penso che certi messaggi condensati hanno un potere che risiede anche nella loro sinteticità.

Chiara, una ragazza di Firenze che sta qui da vent'anni, mi dice che in questi brutti momenti la consolazione può venire dagli amici.
E così fa Marjolaine, "maggiorana", una ragazza bretone conosciuta al Cafe des Langues, che organizza una cena a casa sua. Così ieri sera eravamo una decina, compresi due spagnoli appena arrivati a Tours. Le diciamo che ha avuto una splendida idea, e lei ci spiega che in una sera così fa bene ritrovarsi, per "celebrare l'amore".

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