giovedì 19 maggio 2016

Scritto con un pennarello

Questa sera sto pensando a Frédéric, il mio amico francese.
Non ho altri amici francesi, diciamo che gli altri sono state delle delusioni. E comunque non erano tanti. Ma Frédéric vale 100.
Una cinquantina d'anni, direttore ateo o quasi di una scuola cattolica. L'ho conosciuto al cinema, 6 mesi fa, all'anteprima di un bellissimo documentario che mi ha segnato: "Demain".

http://www.demain-lefilm.com/le-film

Frédéric era amico del regista, così dopo il film sono andata a casa sua per la prima volta con un po' di altra gente a continuare a parlare di quel mondo di idee e di soluzioni per evitare lo scatafascio verso cui spesso mi sembra di vedere andare l'umanità. Molto bello, in Italia uscirà ad ottobre. In Francia ha appena superato un milione di spettatori. E ha vinto il César, cioè l'Oscar francese, per il miglior documentario. Con Frédéric condivido tante idee e modi di vedere le cose. Con Frédéric divido il sacchetto di verdure bio (e un po' pure solidali) a sorpresa, il "panier", che una volta alla settimana i Jardins du Contrat ci preparano da quando ci siamo abbonati.
È un francese atipico: aperto, generoso, spiritoso, accogliente fin da subito. Non a caso ha vissuto molti anni all'estero.
Da un annetto la domenica mattina prepara una zuppa ed invita chiunque a casa sua per condividerla. Anche gente conosciuta al cinema la sera prima. Anche amici di amici, e dice sempre "non portate nulla". Io non ce la faccio e porto sempre qualcosa invece, in particolare i biscotti del Mulino Bianco quando torno dall'Italia. Adora i Pan di Stelle. Tables Ouvertes, ha chiamato l'evento.
Da un paio d'anni ospita un ragazzo congolese suo ex-allievo che era finito in mezzo alla strada al compimento dei 18 anni, termine legale del diritto di un minore ad essere accolto nei foyer francesi. Questo ragazzo si chiama Merveille e anche la famiglia di Frédéric gli si è affezionata. Forse anche più di Frédéric stesso.
Lo dico perché Frédéric mi ha raccontato che suo padre qualche giorno fa si è raccomandato con lui di prendersi cura di Merveille. Una delle ultime raccomandazioni al figlio, suo padre era molto malato.
Oggi c'è stato il funerale del papà di Frédéric, a Bordeaux. Ieri, prima che partisse, ci siamo visti per dividere il nostro panier. Mi ha raccontato che con i suoi famigliari hanno deciso di portare dei pennarelli al funerale, in modo tale che tutti potessero scrivere un messaggio sul legno della bara di Jean-Barthélémy Murat, prima che se ne andasse verso il compimento del viaggio: il falò.
Così è da un po' che ci penso, ad una frase da lasciare a Jean-Barthélémy. Penso a tante frasi, penso che la sua famiglia numerosa gli vuole molto bene, e che è bellissimo sapere che lo vuole salutare con un gesto affettuoso e collettivo, un grande abbraccio.
Questo bene che si moltiplica è l'insegnamento trasmesso dai genitori ai figli attraverso la realizzazione dei valori nel quotidiano. Frédéric ha un fratello adottivo; Frédéric e suo fratello hanno a loro volta adottato dei bimbi.
Questo bene si moltiplica ancora e arriva fino a me, fino a voi.

Un grande abbraccio, Fred.

Un'altra lingua

Ho appena letto un articolo sul sito di Repubblica, cioè di Babbel in realtà, che descrive benissimo un sacco di considerazioni che ho fatto anch'io in questi mesi all'estero.


https://it.babbel.com/it/magazine/10-consigli-lingua?bsc=itamag-a1-vid-bv1-tipsandtricks-tb&btp=default&utm_campaign=cd_itaall_git_cx1_bv1_tipsandtricks_2&utm_medium=CON&utm_source=taboola&utm_term=groupoespresso-larepubblica


E' troppo bello e troppo vero per lasciarlo li', col rischio di non trovarlo più on line tra un po' di mesi. Quindi lo copio qui sotto, non si sa mai che in questo blog abbia vita più lunga.
Si tratta dei consigli di Matthew Youlden, un vero poliglotta che parla ameno 5 volte più lingue di me, per imparare una nuova lingua facilmente.
In coda ai consigli di Mattew ci sono i miei commenti.


1. DOVETE SAPERE PERCHÉ LO STATE FACENDO

Potrà sembrare ovvio, ma se non avete un buon motivo per imparare una nuova lingua sarete meno motivati a portare avanti la vostra missione. Voler imparare il francese per darsi delle arie davanti ai propri connazionali non è uno dei motivi migliori. Se lo scopo è invece far conversazione con una persona di madrelingua francese che vorreste conoscere meglio, avrete già una marcia in più. Qualsiasi sia il motivo del vostro interesse, una volta scelta la lingua da imparare, l’essenziale è l’impegno che ci metterete: “Bene, ho deciso che voglio imparare bene questa lingua, quindi farò il possibile per usarla, leggerla, parlarla e ascoltarla ogni volta che ne avrò l’occasione.”
Il motivo per cui 17 anni fa scelsi la Francia come destinazione per il mio Erasmus era quello di imparare il francese benissimo, perché il francese sulla bocca di una donna è molto affascinante.
Il motivo per cui ci sono ritornata è molto meno chiaro.


2. IMMERGETEVI!

Una volta presa la decisione di impegnarsi sul serio, come procedere? Qual è il modo migliore di dedicarsi allo studio di una lingua? Matthew raccomanda l’approccio massimalista: non importa quali strumenti usiate, la cosa fondamentale è esercitarsi quotidianamente con la nuova lingua. “Di solito tendo a voler assorbire il più possibile fin dall’inizio. Giorno dopo giorno cerco di pensare in quella lingua, scrivere, o anche parlare da solo. Per me è tutta questione di mettere davvero in pratica quello che sto imparando, che si tratti di scrivere un’email, parlare, oppure ascoltare radio o musica in quella lingua. È importantissimo immergersi il più possibile nella cultura della nuova lingua.” Tenete presente una cosa: il training migliore in assoluto è parlare nella nuova lingua con altre persone. Riuscire a condurre una conversazione, per semplice che sia, è già un’ottima ricompensa, nonché uno dei traguardi iniziali che aiutano a restare motivati e mantenere l’impegno di esercitarsi di continuo. “Tengo sempre presente una cosa: è indispensabile adattare il nostro modo di pensare al modo di pensare nell’altra lingua. Ovviamente non esiste un singolo modo di pensare per tutte le persone che parlano spagnolo, o ebraico, o olandese, ma il punto è usare la lingua come strumento per costruirci attorno il proprio mondo.”
Quando ero a Marsiglia ascoltavo tutti i giorni France Info, una radio che passa quasi solo notizie e ciclicamente le ripete, per cui dopo un po' di volte le capivo meglio. Forse la mia amica Silvia si ricorda pure, dato che abitava qualche cameretta più in là nella Casa dello Studente!
Nel 1999 non esisteva la radio via internet. Per fortuna che stavolta  parto avvantaggiata con il francese, che ormai parlo abbastanza bene, cosi' ora posso ascoltare i miei programmi preferiti su RadioTre e Radio Deejay col mio adorato tablettino CVD.


3. TROVATE UN PARTNER

Matthew ha iniziato a imparare varie lingue insieme al fratello gemello Michael (pensate un po’: si sono cimentati con la loro prima lingua straniera, il greco, quando avevano solo otto anni!). Matthew e Michael hanno ricevuto i loro superpoteri da un tipico caso di rivalità tra fratelli: “Eravamo molto motivati, e lo siamo ancora. Ci sfidiamo a vicenda per impegnarci al massimo. Se mio fratello si rende conto che sto facendo di più, diventa invidioso e si dà da fare per battermi, e viceversa – si capisce che siamo gemelli…”. Anche se non avete fratelli o sorelle a farvi compagnia nella vostra avventura linguistica, avere un partner con cui far pratica spingerà entrambi a fare sempre un passo in più e restare motivati. “Sono convinto che questo sia uno dei modi migliori per imparare: avere a disposizione qualcuno con cui parlare, che poi è lo scopo di imparare una lingua.”
Sono messa bene: sia a Marsiglia che qui ci sono un bel po' di francesi con cui praticare.
... oh, ma cosa pensate! zero fidanzati.
...... oh, ma cosa avete pensato ancora!! no, nessuna avventura, sono semplicemente circondata da un sacco di francesi. Ce ne sono veramente ovunque, eh. Tranne il week end che per me diventa italiano e spagnolo :D


4. TENETE VIVO L’INTERESSE

Se fin dall’inizio vi ponete come obiettivo riuscire a fare conversazione, non rischierete di perdervi sui libri di testo. Parlare alla gente vi aiuterà a mantenere vivo il vostro interesse personale nell’apprendimento: “Si impara una lingua per poterla usare con altre persone, non per parlarla da soli! La parte creativa dell’apprendimento è proprio la capacità di inserire la lingua che si sta studiando in un contesto più utile, generale, quotidiano – per dire, scrivere canzoni, o anche solo voler parlare con la gente del posto, usarla quando si viaggia all’estero. Ma non serve per forza andare all’estero: se studi il greco, puoi andare al ristorante greco sotto casa e ordinare in greco.”
Spesso le parole di un menu sono le prime che entrano nel vocabolario. La motivazione in questo caso è forte, se si mangia bene poi c'è un importante effetto di rinforzo. Mi ricordo che durante la mia vacanza in Repubblica Ceca nel 2000 è andata proprio cosi' e ancora oggi senza più esserci tornata mi ricordo come si dice "birra piccola", "birra grande" e "funghi impanati".


5. DIVERTITEVI IMPARANDO

Usare la nuova lingua in qualsiasi modo è sempre un atto creativo. I gemelli superpoliglotti si sono esercitati con il greco scrivendo e registrando canzoni. Trovate un modo divertente di mettere in pratica la lingua che state imparando: magari potreste scrivere un pezzo teatrale per la radio insieme a un amico, disegnare un fumetto, scrivere una poesia, o semplicemente parlarla con qualcuno ogni volta che ne avete la possibilità. Se non trovate un modo divertente di usare la nuova lingua, forse non avete seguito il consiglio al punto 4.
Si', ok, vado al cinema ogni tanto. Ma io qui mi diverto fondamentalmente con spagnoli e italiani, accipicchia. Vado a rivedere il punto 4.


6. TORNATE BAMBINI

No, non vi stiamo consigliando di fare i capricci o pasticciare con il piatto al ristorante facendovi schizzare il purè nei capelli: stiamo parlando di imitare il modo in cui i bambini imparano. L’idea che da piccoli abbiamo maggiori capacità di apprendimento che da adulti si sta rivelando un mito: le ricerche più recenti tendono a smentire l’esistenza di un collegamento tra l’età e la capacità di imparare. La chiave per apprendere in modo rapido come quando eravamo bambini potrebbe essere semplicemente adottare certi atteggiamenti dell’infanzia: ad esempio la mancanza di imbarazzo, la voglia di giocare con il linguaggio e la disponibilità a fare errori. È proprio facendo errori che si impara. Fare errori da bambini è normalissimo, ma da adulti diventa un tabù. L’avete mai notato? Un adulto tende a dire “non so fare questa cosa” invece di “non l’ho ancora imparata” (non so nuotare, non so guidare, non so parlare spagnolo). Fallire (o anche solo far fatica) è qualcosa di cui ci vergogniamo: un problema che non affligge i bambini. Quando si tratta di imparare una lingua, ammettere che non possiamo sapere tutto (e accettare l’idea) è la chiave per fare progressi ed essere liberi. E allora lasciatevi andare e superate le vostre inibizioni da adulti!
Importantissimo: mai vergognarsi. Pensate che nel 99% dei casi avete di fronte qualcuno che parla solo la sua lingua e fatevi coraggio.


7. FATEVI AVANTI E OSATE DI PIÙ

Essere disposti a fare errori significa essere pronti a mettersi in situazioni potenzialmente imbarazzanti. Potremmo sentirci un po’ intimiditi all’inizio ma è l’unico modo di fare progressi e migliorare. Non importa quanto si studia, per poter parlare davvero una lingua bisogna farsi avanti e osare: parlare a sconosciuti, chiedere indicazioni ai passanti, ordinare al bar e al ristorante, raccontare una barzelletta. Più spesso riuscite a fare queste cose, più acquisterete fiducia e vi sentirete a vostro agio in nuove situazioni: “All’inizio andrete incontro a qualche difficoltà: potrebbe darvi qualche problema la pronuncia, o la grammatica, oppure la sintassi, o magari non capite bene certi modi di dire. Ma credo che la cosa più importante sia sempre sviluppare una certa sensibilità e appropriarsi della nuova lingua come se fosse la nostra.”
Io consiglio un bicchiere di vino per accompagnare gli sforzi. Dopo il terzo vin brulé, una sera di questo inverno ho iniziato a padroneggiare il passato remoto.


8. ASCOLTATE

Per imparare a disegnare, bisogna prima saper osservare. Allo stesso modo, per imparare a parlare una lingua bisogna saper ascoltare. Ogni lingua ci suona strana la prima volta che la sentiamo, ma più ci abituiamo ad ascoltarla più diventerà familiare e facile da parlare. “Abbiamo tutti le capacità di pronunciare qualsiasi lingua, è solo che non ci siamo abituati. Ad esempio, la cosiddetta erre arrotata non esiste nell’inglese britannico, che è la mia madrelingua. Imparando lo spagnolo mi sono trovato di fronte parole con quella particolare erre, come ad esempio perro e reunión. Per me l’approccio migliore in questi casi è ascoltare e cercare di visualizzare o immaginare come va pronunciata la parola, perché per ogni suono c’è una parte specifica della bocca o della gola da usare per ottenerlo.”
Moooolto importante! E io mi vanto anche: poco tempo fa ascoltando i francesi parlare mi sono accorta di un'eccezione di pronuncia che non avevo mai studiato. Ve la insegno: il gruppo vocalico "ai", che si pronuncia "e", fa eccezione nella coniugazione del verbo "faire":
es. nous fAIsons (facciamo), en fAIsant (facendo)... in queste parole non si pronuncia "e" ma ... quel suono neutro che non è una "e", ma una [ə]. Chiaro, no?


9. OSSERVATE CHI PARLA LA LINGUA

Ogni idioma implica modi diversi di usare le labbra, la gola e la lingua. La pronuncia è una questione tanto fisica quanto mentale: “Potrà sembrare strano, ma un approccio utile è osservare bene chi sta pronunciando le parole con un particolare suono che stiamo imparando e poi cercare di imitarlo il meglio possibile. Credetemi, potrà essere difficile all’inizio ma ci riuscirete. Alla fine è più facile di quanto ci immaginiamo: bisogna solo far pratica.” Se non avete intorno madrelingua da osservare o imitare, un’ottima alternativa è guardare film o programmi televisivi in lingua originale.
Parlando francese la bocca si apre meno che per l'italiano. Quanti di voi non hanno mai pensato che i francesi parlano in maniera atteggiata, con la boccuccia a cuore, come a fare le moine? Invece non fanno le moine ma sono veramente cosi' tutto il tempo, ridono anche in maniera più composta direi. Esistono diversi suoni vocalici neutri, che chiudono abbastanza la bocca, come quello sopra, ma anche [ø] e [œ]; inoltre anche una vocale classicamente aperta come la "a", in francese è meno aperta. E ne esistono due: [a] e [ɑ].
Che casino, eh? Ma la fonetica mi piace da matti.


10. PARLATE DA SOLI

Se non avete nessuno con cui parlare la nuova lingua, non c’è niente di male a parlarla da soli: “Lo so, sembra una cosa un po’ bizzarra, ma parlare da soli in una lingua straniera è un ottimo metodo per esercitarsi quando non si hanno altre occasioni di usarla.” Parlare da soli è molto utile per tenere a mente nuove parole e frasi e acquisire più fiducia per la prossima volta che avrete occasione di parlare con altre persone.
Dopo un po' di full immersion, un dialogo interiore in francese ha cominciato spontaneamente a farsi largo tra i miei pensieri. Penso che succeda a tutti. A Marsiglia lo lasciavo fare, qui invece mi obbligo a pensare in italiano perché è un attimo, e la lingua italiana si impoverisce e se ne perde la padronanza. Non dico mica che si dimentichi, eh: ma perché ieri sera mi è venuto da dire, finita cena con Antonio il mio collega italiano al ristorante, "Ti invito io" invece che "Offro io"?


(Consiglio extra) RILASSATEVI!

Non vi preoccupate troppo: non darete fastidio alle persone se provate a parlare nella loro madrelingua, anche se fate errori. Basta dire subito che state imparando e volete far pratica: la maggior parte delle persone sarà paziente e disponibile e vi incoraggerà con piacere. È vero che ci sono circa un miliardo di persone che parlano l’inglese come seconda lingua in tutto il mondo, ma la maggior parte preferisce comunque parlare la propria madrelingua. Prendere l’iniziativa di entrare nel mondo linguistico di un’altra persona può anche aiutare a metterla più a suo agio e creare maggiore disponibilità al dialogo: “Certo, puoi viaggiare ovunque parlando solo inglese, ma proverai molta più soddisfazione parlando anche solo un po’ della lingua locale. In questo modo riuscirai a sentirti davvero a tuo agio nel luogo in cui ti trovi e sarai in grado di comunicare, capire, interagire in ogni situazione possibile.”
E tenete presente che l'accento italiano mentre si parla francese pare che sia fighissimo, sia al maschile che al femminile, percio' veramente dateci dentro e sentitevi fighi.


MA A CHE SERVE?

Abbiamo visto alcuni ottimi consigli su COME iniziare a imparare una nuova lingua, ma se siete ancora indecisi sul PERCHÉ farlo, Matthew ha un ultimo commento da offrirvi: “Credo che ad ogni lingua corrisponda una particolare maniera di vedere il mondo. Parlare una certa lingua significa avere un modo diverso di analizzare e interpretare il mondo rispetto a chi ne parla un’altra. Anche quando si tratta di lingue strettamente imparentate tra loro, come lo spagnolo e il portoghese, per cui se ne parli una capisci piuttosto bene anche l’altra, si tratta comunque di due mondi diversi, due mentalità distinte. Nel mio caso, avendo imparato altre lingue ed essendo stato sempre circondato da molte lingue, non potrei davvero sceglierne una sola, perché vorrebbe dire rinunciare alla possibilità di vedere il mondo in un modo diverso. Anzi, non in un solo modo diverso, ma in molti modi diversi. Almeno per me personalmente, essere monolingue sarebbe un modo molto triste e noioso di vedere il mondo, mi farebbe sentire più solo. Ci sono così tanti vantaggi nell’imparare un’altra lingua che davvero non riesco a trovare un solo motivo per non farlo.”
Ha troppo ragione 'sto ragazzo. Questa è la parte più seria di tutto l'articolo. Qui si mette in discussione il concetto di traduzione e di vocabolario.
Niente da fare, bisogna imparare.



sabato 14 maggio 2016

13 maggio 2016

Tommaso sei meraviglioso.
Sette anni fa mi hai fatto diventare zia per la prima volta. Oggi per la prima volta mi parli al telefono, e mi riconosci pure. Ci sono tanti rumori qui nella stazione di Bruxelles, e mi viene l'idea di telefonare a casa tua proprio mentre arriva il mio treno per Leuven. Riprovo, perché qui, in questo Paese francofono che molti francesi considerano con sufficienza, il mio fantastico abbonamento telefonico con chiamate più internet illimitato e internazionale sembra non funzionare.
Le mie teorie complottistiche sono già ben articolate e spaziano dell'esclusione dei miei diritti telefonici dal Belgio - unico Paese europeo che si sarebbe coraggiosamente rifiutato di patteggiare con i francesi - allo scudo telematico mirato a silenziare le comunicazioni per motivi di sicurezza dovuti al rischio attentati. VIGIPIRATE! è il nome del programma di rinforzo delle misure di sicurezza diffuso in Francia e dintorni nei luoghi pubblici e molto frequentati. Anche in ST a Tours si vedono cartelli in giro con questa scritta. .
Ebbene, con queste immagini un po' apocalittiche ma realistiche, e qui in Belgio non si scherza, provo di nuovo a fare il numero che collega magicamente il mio cellulare ad un telefono appoggiato su un tavolo di una casa di Mezzocorona, provincia di Trento.
Funziona, e all'altro capo di quello che una volta era un filo c'è un bambino che dopo un po' di mie farneticazioni mi dice "Ma zia Serena io non sono la mamma, sono Tommaso!!!"
Ops, la zia ha fatto una gaffe.
Spero che questo non ti impedirà di venire a fare le vacanze in Turingia da solo con la zia, un giorno.
Tommaso ti adoro, con quella tua voce un po' rauca e quella parlata un po' sibilante. Quanti denti ti saranno caduti adesso? quanti ti sono ricresciuti?
Tommaso ti voglio tanto bene quando metti fine alle mie poche parole affettuose ma imbarazzate, perché mica si dice "tanti auguri" ad un bambino di 7 anni, perché dopo che mi hai detto che hai fatto la caccia al tesoro a scuola io non so più cosa dire ad un bambino a cui voglio bene ma che conosco poco in realtà, che sta a 1500 km da qui.
"Zia ti richiamo perché ora c'è un cartone animato".

lunedì 9 maggio 2016

Italia-Francia 1-1

Certo come vi dicevo un paio di messaggi fa, ci si abitua a tutto, ed è normale. Non solo, ma quando il contesto non può cambiare è addirittura auspicabile. Adattabilità, flessibilità, resilienza: sono qualità sempre più attuali per le persone (soprattutto per chi cerca lavoro!), i sistemi economici, le città.
A proposito di città resilienti, guardate cosa sta facendo Rotterdam per affrontare l'aumento del rischio di inondazione legato all'innalzamento del livello del mare:

http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=5602&fromRivDet=185

Ho letto questo articolo qualche settimana fa sul numero di Altreconomia che mi è arrivato a casa; sì, perché mi sono abbonata pure da qui!
È fatta bene la rivista, ci sono affezionata ma credo che la decisione di abbonarmi derivi soprattutto dalla mia scarsa capacità di perdere le mie abitudini italiane. E parlavo di resilienza... che per definizione è proprio la capacità di un sistema di adattarsi al cambiamento.

Da quando sono qui ho iniziato istintivamente a fare il gioco delle differenze. Cambiando ambiente ci si accorge subito quando qualcosa cambia, le differenze saltano all'occhio; se sono piacevoli ci si abitua presto, se lo sono meno ci si augura che prima o poi questo succeda. E io non mi sono ancora abituata ad un sacco di cose.
Il gioco delle differenze è anche uno dei soggetti di conversazione preferito dagli italiani all'estero, soprattutto da chi è arrivato da poco; anche gli spagnoli se la cavano devo dire, e direi che si lamentano dei francesi ancora di più degli italiani.
In 9 mesi - un gros bébé, come dicono qui - mi sono fatta pian piano un'idea generale della questione. È probabile che fra 9 mesi questa idea sarà diversa e darà origine ad un altro post, e un altro gros bébé verrà fuori suppongo, he he he...
Infine: per mantenere un profilo politically correct nei confronti di tutti, per non cadere nella lamentela e neppure nel delirio esterofilo vi anticipo che la partita finirà pari, come il titolo del post preannuncia.

Bidet
Questo è il primo punto che segna l'Italia sulla Francia, e il principale dei luoghi comuni sui francesi visti dagli italiani. Nonostante "bidet" sia una parola di origine francese, in Francia non se ne fa più uso. Gli italiani invece fanno fatica a farne a meno, le italiane in particolare. Dato che poi anche in Spagna il bidet è un oggetto di uso comune, resta un mistero capire cos'è successo di strano tra le Alpi e i Pirenei per farlo sparire dalle case della gente. Quando vi dicono che "è per guadagnare spazio" mentono senza pudore, perché ho visto con gli occhi di questa stessa faccia bagni vuoti così larghi da poterne ospitare tre di bidet. Ma non ce n'era neppure uno.
In 9 mesi ho visto solo due bidet, in case di italiane.

Igiene personale 
Restando in tema di luoghi comuni, le immagini che evoca la Francia negli italiani non sono di solito l'emblema di una grande igiene. Oltre all'assenza di bidet dalle case, si pensa subito alla baguette sotto il braccio - che non esiste praticamente più a dir la verità - e al diverso rapporto con l'acqua e il sapone dei francesi. Diverso, a priori non inferiore e non superiore.
Loro, non avendo il bidet, fanno una doccia tutti i giorni; ma loro, non avendo quasi mai un lavandino nei dintorni del wc, spesso non si lavano le mani dopo averlo usato.
Loro da piccoli non hanno ricevuto un'educazione completa come in Italia sulla prevenzione dentale, né adesivi anni '80 con castorini sorridenti muniti di dentoni bianchi e spazzolini. Infatti resto l'unica di ST Tours a lavarsi i denti dopo pranzo, mentre loro si stuzzicano i denti con destrezza e stecchini, senza coprirsi la bocca con una mano, e poi masticano chewing gum.
I francesi hanno un rapporto più disinvolto e dinamico tra sporco e pulito. È abbastanza normale vedere gente - ragazzi - seduti per terra; giovani - ma anche il capo del mio capo lo fa - che mettono le scarpe sui sedili in autobus e in ufficio; è molto frequente vedere colleghi con penne, banconote, chiavi, dita in bocca, per utilità quando le mani sono impegnate o come giochino nostalgico della fase orale infantile quando sono sovrapensiero. Un altro esempio di disinvoltura: oggi durante il pranzo Marc, il collega degli stecchini, ha appoggiato il cellulare sul pane.
Troppa igiene fa male e indebolisce le difese naturali; poca igiene si maschera con una spruzzata di buon profumo, e di scie profumate sono piene le rues di Francia.
Anche questo punto va all'Italia, ma di poco. Perché il profumo in fin dei conti è di solito molto buono.

Bagni pubblici
Gli italiani sono così igienici e quindi così schizzinosi che trattano i bagni pubblici come luoghi sporchi a priori. Per non contaminarsi toccano il meno possibile: le donne non si siedono sull'asse, non lo alzano, gli uomini neppure. Il risultato è che i bagni pubblici in Italia sono i più sporchi di tutti.
Assegno due punti alla Francia: uno per il rispetto mostrato dagli utenti, uno per la presenza di carta igienica e sapone che in Italia troppo spesso non trovo.
Secondo me, purtroppo da noi anche chi deve gestire il bagno cerca di averci a che fare il meno possibile.

Pane e brioches
Vincitrice indiscussa la Francia. Il burro nei dolci da forno rende magico il momento della prima colazione. Penso ai pains au chocolat e ai croissants, che qui si chiamano in generale viennoiseries, cioè "cose di Vienna". E poi pane ai semi, integrale, al mais, croccante con mollica morbida, mai asciutto. Buonissimo.
Secondo me il pane in Italia non è così buono. Noi abbiamo addirittura il pane sciapo; sarà sì per accompagnare il fantastico olio toscano, che con un pane più saporito non esprimerebbe tutto il suo profumo.
Ma per me questo non equivale al piacere essenziale e semplice di mordere una baguette tiepida mentre si cammina per strada con le borse della spesa al braccio. Baguette tenuta in mano senza fazzolettino, beninteso.

Case da fuori
Molti italiani mi dicono che l'aspetto delle città francesi è caratteristico, riconoscibile, e io sono d'accordo. C'è in generale più verde, che è anche più curato, e strade di solito più pulite, ma sono principalmente le case ad essere belle. La maggior parte delle volte le case hanno una forma di "casa" che noi ci stiamo scordando: tetti spioventi, finestre con le imposte, pochi piani. In Italia ogni tanto mi sembra di osservare la ricerca per la forma moderna nel tentativo di farla originale. Ma una casa deve accogliere e riparare, non stupire.
In Italia le brutture vecchie e nuove si moltiplicano. Cubi e parallelepipedi con linee minimaliste.
Immagino che invece in Francia ci sia una legge che impone di costruire case con criteri estetici omogenei rispetto alle altre, e rispetto soprattutto alla forma di casa tipica locale.
A Tours le case hanno i tetti di ardesia e i muri bianchi o beige. La pietra locale è un tufo pallido che i costruttori cercano di replicare anche facendo le case popolari di cemento. Questo regala alla città un'armonia che è proprio bella da vedere.
Un punto alla Francia.

Case da dentro
Eh. Che peccato. La trasandatezza che per molti aspetti si riscontra nei francesi, romanticamente négligés nei migliori nostri luoghi comuni, torna nel momento in cui i muratori devono iniziare ad occuparsi delle rifiniture interne delle case.
Qui si usa molto la carta da parati, che spesso viene dipinta e si chiama quindi "papier paint". Ho visto una tappezzeria ricoprire fili elettrici passanti lungo i muri, senza canaline, incollata pure storta. Un orrore.
Qui si usa molto la moquette, che per una settimana dopo averla distesa sarà pulita e poi mai più per i successivi vent'anni. Ma perché esiste ancora? Non è lavabile, punto. Poi quando si sporca inizia il gioco di disporre tappetini, piante e tavolini in punti strategici per coprire le macchie.
Per entrambi i tipi di rivestimento, la manutenzione è incredibilmente più complicata. Un esempio: in ST è successo che un condizionatore nel corridoio delle RH ("erre-hache" si dice, le Risorse Umane) si rompesse. Era domenica e c'è stato abbastanza tempo perché si riversasse sul pavimento acqua sufficiente per inzuppare, ad occhio, almeno 200 mq di moquette prima che qualcuno intervenisse. Il lunedì le colleghe (anche qui tutte donne all'Ufficio del Personale) hanno iniziato a lavorare circondate da quadratoni di moquette stesi ad asciugare, facendo lo slalom tra passerelle di cartone e pezzi di pavimento di cemento con strisce di colla messe a nudo. Murielle, la collega RH che mi ha aiutato per le mie faccende burocratiche internazionali, sostiene che non metteranno più la moquette perché troppo difficile da mantenere. L'avete capito alla fine, bene. Comunque 3 mesi dopo è ancora slalom.
Un punto all'Italia, non se ne parla.

Bricolage
Non a caso questa è una parola francese, e non a caso il Leroy Merlin è francese. Qui tutti si occupano da soli della manutenzione di casa e si mettono a posto la macchina.
Il mio collega Philippe, il Process Leader della metallizzazione PVD, si è costruito un cancello, il garage e una veranda. Ha piastrellato, fatto l'impianto elettrico, montato tetto e vetrate. Durante i lavori, ogni lunedì a pranzo ci teneva informati sullo stato di avanzamento della costruzione. Io capisco ancora poco del francese parlato a pranzo dai miei colleghi, ma era evidente che parlava di robe di carpenteria perché capivo ancora di meno.
Dato che tutti si fanno i lavori da soli, la conseguenza è che i prezzi degli artigiani sono altissimi e ce ne accorgiamo io e Andrea, il mio capo, che non sappiamo tenere in mano un martello.
Anche se mi capita di rimpiangere il Muratore Bergamasco quando mi trovo davanti ad evidenti "bricolate" - lavori fatti male, spesso dai privati ma talvolta anche da chi si proclama professionista - in questo campo i francesi ci battono di brutto.

Viabilità
Qui si dice che gli italiani guidino male, un luogo comune dei francesi verso di noi. Noi stessi siamo i primi a riderci su: ogni italiano quando si mette al volante diventa un po' più belva e si prepara ad una sorta di lotta per la sopravvivenza.
Per permettere un agevole svolgimento della battaglia senza quartiere che ha luogo nel traffico, i progettisti delle strade italiane hanno fatto un gran lavoro per permettere una gran fluidità delle traiettorie delle auto.
Qui in Francia invece è tutto più difficile. I progettisti sanno di avere a che fare con una popolazione di automobilisti disciplinata che adora le regole, così è un attimo divertirsi con un pizzico di sadismo e mettere apposta i bastoni.... fra le ruote. La cosa che trovo di un'esagerata malvagità è il posizionamento di zone di parcheggio alternate lungo le vie residenziali, in modo da creare uno slalom tra le macchine parcheggiate che costringe a rallentare. Non si rendono conto che le macchine rischiano di essere tamponate da chi sbaglia una curva, prende una pozza, calcola male le distanze.... ma è pericolosissimo! Certe volte davanti alla prima macchina parcheggiata sul lato mettono un bel paletto bianco, così rischi proprio di distruggerti.
Una carreggiata dritta, qui, è quasi offensiva.
Questo punto lo do all'Italia. Multa alla Francia.