lunedì 7 dicembre 2015

Andata e ritorno

Per la prima volta da quando sono arrivata qui mi sento lontana da casa. "Me siento lejos" ho detto stasera al mio amico spagnolo Joaquín, mentre al Café des Langues mi consolava perché mia zia Iana a Cogoleto sta male, ma così male che chi le sta vicino non vuole più vederla così.

La zia Iana in realtà si chiama Marianna, e non è mia zia ma una cugina di secondo grado di mio padre... anzi nemmeno, o forse sì, ma tanto quello che importa è che quando eravamo piccoli ci accompagnava in piscina con la sua macchina, una scatoletta bianca con gli interni rossi di pelle/plastica e un cruscotto con delle lucine artigianali verdi, gialle e rosse che sono sicura non potevano essere di serie. Doveva aver montato quell'elettronica anni '80 lo zio Vincenzo, che la zia con il loro figlio Carlo ha accompagnato negli ultimi anni difficili di malattia, con amore e pazienza e senza perdere il sorriso.
Non ho una parola per descrivere la leggerezza con cui la zia ti accoglie, ti chiede come va, mentre accetta le difficoltà che arrivano e spesso si accumulano. La zia è una melomane, e da quando è un po' sorda e da un occhio vede solo ombre segue l'opera a 50 centimetri dalla televisione, con delle cuffie che la fanno sembrare una deejay in vestaglia. È sempre contenta quando la sua finta nipote di Milano va a trovarla, anche se le mie non sono visite frequenti perché i weekend a Cogoleto sono sempre corti e non sempre si trova il tempo di passare dalla zia. E in più vado sempre senza avvertire, accipicchia, è un'abitudine che ho preso sfidando implicitamente le convenzioni sociali e soprattutto per convenienza, perché non mi so organizzare, perché magari all'ultimo non c'è più tempo ed è arrivata domenica sera e manca poco al treno che mi riporta a Milano. Ma ogni volta trovo la zia a casa, un sorriso ad accogliermi, magari senza dentiera poverina perché non mi aspettava e nonostante questo la pazienza di avere a che fare con una nipote last minute. E poi la curiosità per la mia vita, i miei amori, i miei gatti, il mio lavoro.
Mi prepara il té col limone, in quelle tazze che solo le nonne hanno; con il sapore dei suoi biscotti di pasta frolla spessa fatti da lei, io rivivo i pomeriggi della mia infanzia nella cucina di mia nonna Venezia, quando noi eravamo bambini e la zia Iana una signora cinquantenne. Mentre noi bevevamo il té in altre tazze da nonna, spesso succhiandolo attraverso dei grissini all'olio enormi che secondo me non esistono più - ci piaceva così! - loro chiacchieravano per ore e ci chiamavano "pulin", pulcini.
La zia parla molto, le piace raccontare e mi parla di quando era ragazza, di sua mamma, di suo papà che è rimasto vedovo presto, delle storie col suo fidanzato Vincenzo, il suo amore. Non ha mica tanto pudore la zia, ma neppure è disinibita, racconta con semplicità le cose come sono andate e ci si sente sempre a proprio agio con lei. Può anche parlare male degli altri, come quando racconta della sua vicina ipocrita che ha trattato male suo marito per tutta la vita e poi si è messa a fare la vedova inconsolabile; e ti ci piazza a bruciapelo che magari un malanno la vicina cattiva se lo meriterebbe pure, e a me fa ridere ma si sente sincerità in quelle parole, e compassione per entrambi.
L'unica cosa difficile è andare via da casa sua, perché le chiacchiere potrebbero andare avanti a lungo e invece la cena è pronta a casa e poi... c'è da prendere il treno.

Stasera mi sentivo lontana da quel letto dove si trova, Tours è a tante ore di distanza da Cogoleto e soprattutto mi sento vincolata dal lavoro, ho delle riunioni e delle cose da sistemare prima di andare via per due settimane per Natale. A questi pensieri Joaquín ha obiettato "Se hai voglia, parti", e ha ragione lui, è semplice in fondo: sempre chiedere, prima di darsi le risposte da soli. E all'improvviso nella mia mente è diventato 'possibile' tornare a casa, anche solo per un paio di giorni, e poi tornare qui per la riunione importante di venerdì e poi domenica prendere l'aereo già prenotato per le vacanze di Natale. Grazie Joaquín, ora che so di poter partire mi sento più vicina a casa.
Sono giorni che penso che siamo lì lì, faccio varie riflessioni sul senso della vita e del nostro viaggio sulla Terra. Nascere porta con sé la certezza di morire, e tuttavia...
Penso alla lunga vita della zia Iana, ai nostri discorsi. Il mio pensiero non si concentra sul problema di vederla per l'ultima volta: io vorrei darle anni di vita e di salute se potessi. Vorrei darle la giovinezza, l'energia con cui faceva atletica da ragazzina ai tempi del fascio.
So che andando via mi sono allontanata fisicamente dalle persone care, anche se questo punto delicato non è stato mai affrontato nei discorsi in famiglia. Forse anche se fossi nella sua camera adesso, con Carlo e mio papà, non riuscirei ad esserle di grande aiuto. Vedrebbe la tristezza che mi invade, mentre con lei ho passato tante ore di serenità. Sono con lei, anche se sono qui. Ma chi lo sa, se fossi lì sarei lì punto e basta, semplicemente. Certe volte si pensa troppo e non si agisce.
Non so ancora se partirò, o se partirà lei stanotte per ritrovare Vincenzo e la nonna Venezia e sua mamma e suo papà. Io intanto ho preparato una camomilla per noi due, dato che questa non è l'ora adatta per il té, e ho messo su youtube delle arie d'opera che di sicuro conosce. Chissà se le piacciono.... ha dei gusti molto precisi la zia Iana, non le piace mica tutto.

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